Presentazione del sitocontemplazione per immagini e melodie
Il testo che segue intende illustrare, con un certo agio discorsivo, il rapporto tra la contemplazione, descritta nella sua natura in rapporto alla vita cristiana considerata nel suo insieme, e i due percorsi - quello delle immagini e quello delle melodie che aprono alla conoscenza di un vastissimo mondo di bellezza costituito dai capolavori dell'una e dell'altra arte che ci introducono nello stupendo cammino contemplativo aperto dai grandi artisti che ne hanno fatto dono all'umanità.
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La contemplazione è il frutto più maturo e più dolce del cammino spirituale del cristiano, cioè del credente che si nutre della Parola di Dio e che è santificato dalla grazia dei sacramenti. Beninteso, non è opera umana ma un “donoinfuso” dallo Spirito Santo nel cuore dell’uomo. Egli diffonde nell’anima un sentimento di soavità e di gioia, indicibili. A questo punto le parole non bastano più, anche nella stessa preghiera, sono insufficienti ad esprime ciò che si sente dentro: le sostituisce lo sguardo e il silenzio.
Se la lettura diventa faticosa, si fa vivo il bisogno di “riposare”: ne hanno bisogno la mente e il corpo. Allora si è chiamati ad entrare dalla porta della contemplazione! L’argomento messo a tema nel sito offre l’opportunità di una riflessione importante per la vita spirituale. Perché l'arte e la musica ci aiutano a scoprire Dio, dal quale "riceviamo l'esistenza, la forza di agire e la grazia di vivere" (Prefazio della XI Domenica Ordinaria della Liturgia Ambrosiana).
*Siamo circondati di bellezza
* Dio nel Figlio e per mezzo del Figlio “il più bello tra i figli degli uomini”(Sal. 44,3) e per l’azione dello Spirito Santo manifesta la sua bellezza con una varietà inimmaginabile che sorprende in crescendo l’uomo che ne è l’unico destinatario. Infatti il salmo proclama la meraviglia dell’uomo che si guarda: “l’hai fatto di poco inferioreagli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato” (Sal.8). L’hai creato a tua immagine e somiglianza e gli hai dato la libertà, il dono che più degli altri lo fa simile a te.
Dante:” Lo maggior dono che Dio, per sua larghezza Fesse creando, e alla sua bontade più confermato, e quel ch’ei più apprezza, fu della voluntà, la libertade; di che le creature intelligenti tutte e sole, furon e son dotate”
(Paradiso, III,V, 19 -24).
S.Efrem scrive in merito “Come ogni barca ha bisogno di un pilota, così l’anima ( l’uomo) ha bisogno di libertà”. “Nostro Signore ha dato all’uomo la libertà, il potere di diventare imitatore di Dio , poiché possiede per volontà ciò che Dio possiede per natura: la bontà”. (Diatessaron, 5)
“La nostra libertà è come l’anima delle concupiscenze, che, per essa, hanno vita. Se la volontà le respinge, esse periscono”
Che in latino recita: “Per voluntatem oritur culpa, per voluntatem cadunt peccata” Ipsa libertas est imago Dei Altissimi, cuius virtus omnia sustinet” ( Hymni de virginitate”, 3,8)
Ogni bellezza, profusa, in forme infinite, nel creato – bella è la luce, bello è il firmamento, bella è l’aurora, bello è il tramonto, bella è l’acqua, l’aria, il vento, il fuoco, belli sono i fiori – e soprattutto nell’ uomo, è sempre un riflesso sia pure lontano ma assolutamente vero della bellezza di Dio.
* Bella è la verità – la “formosa veritas” (S. Agostino) – bella è la libertà, bello è amarsi, bella è la Parola di Dio, trasformante è la grazia dei sacramenti, bella è la Chiesa, come una sposa adorna per il suo Sposo, che l’ha purificata dai peccati, rivestendola di santità. Bella è la variopinta manifestazione dei carismi che si esprimono in vocazioni e stati di vita diversi: dal matrimonio, alla vita consacrata, all’apostolato, alla vita comunitaria arricchita dai suoi carismi. Il salmo 44 parla della bellezza della regina, applicabile alla chiesa come sposa “Senza macchia, senza ruga, splendente di bellezza” (Ef. 5,27). S. Agostino si domanda: “Ma che cosa amo quando amo Te? (…) “ e poi spiega: “Amo una luce, e una voce e un profumo e un cibo e un amplesso, quando amo il mio Dio. Lui la luce, la voce, il profumo, il cibo, l’amplesso dell’uomo interiore, che è in me, dove l’anima mia risplende una luce che nessun luogo comprende; e dove risuona una voce che mai tempo porta via con sé; dove si espande un profumo che mai vento disperde; e dove provo un sapore, il desiderio del quale non lascia mai venire a disgusto; e dove mi stringe un amplesso che mai sazietà discioglie. Questo è quello che io amo, quando amo il mio Dio!" (Confessioni, 10,6,8)
La Natura e’ la prima parola pronunciata dal creatore
* Occorre ritornare – come insegna la spiritualità cristiana siriaca - alle origini, per capire e per tenere unito ciò che Dio ha voluto. Prima che Mosé e Gesù preannunciassero il Libro, ogni aspetto, volto e riflesso della Natura era una parola pronunciata dal Creatore. La Natura è parola, come quella che leggiamo nell’Antico e nel Nuovo Testamento! Chi non sa cogliere Dio nella creazione - il sole, la luna, gli alberi, i fiori, le pietre - non saprà trarre giovamento dalla lettura della Genesi e dei Vangeli.Dio ama la creazione: la sua creazione, con una specie di follia, come scrive Isacco di Ninive. Anche se ci fu un tempo in cui la creazione non esisteva e lo spirito di Dio aleggiava, come una colomba, sulle acque; non ci fu mai un tempo in cui Dio non la conoscesse. Quando gli sembrò, la fece esistere: parlò, creò la luce, il sole, la luna, gli animali striscianti, e due volte l’uomo – prima Adamo e poi Eva. (vedi “Spiritualità cristiana Siriaca” su Coordinamentoregionale.sitiwebs.com). “tutte le cose che esistono sono “lumina” (luci): simboli e prefigurazioni” (“De coelsti hierarchia” di Scoto Eriugena, monaco, teologo e filosofo, irlandese, 810 -877) che svelano le realtà invisibili attraverso quelle visibili.
Allora si possono scoprire le analogie della natura nei suoi aspetti singolari: come, ad esempio, il tempo, che pare inafferrabile, ma che è “rappresentato nell’arte, sia il tempo oggettivo che quello soggettivo,. Il tempo é per tutti “ un grande scultore” (Marguerite Yourcenar) che ci modella, che non può essere ignorato.
“L’arte è nipote a Dio” (Dante)
* In questo cammino possiamo essere accompagnati e facilitati da due realtà umane quali sono le immagini e le melodie che gli artisti ci hanno donato e ci donano come frutto della loro “contemplazione” e della profonda esperienza “estatica” della bellezza. Da qui si parteo qui si arriva!
Dante afferma che l’arte è “nipote” a Dio, volendo con questo sottolineare l’intimo rapporto di parentela con la natura divina che ha creato il mondo con le sue meraviglie e ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. “sì che vostr’arte a Dio quasi è nepote (Infero. XI.105) perché se la natura è figlia di Dio, uscita direttamente dalle sue mani, l’arte, che ne prolunga la bellezza, è nipote.
Le immagini negate dall’ebraismo e dall’Islam, come una pretesa blasfema di rappresentare Dio, sono legittime nel cristianesimo. Per questo l’arte cristiana è stata fin dalle origini, una assoluta novità. Essa ha nell’Incarnazione del Verbo la sua ispirazione, la sua sorgente e la sua definitiva legittimazione nel fatto che Dio si è fatto visibile attraverso l’umanità di Cristo. Ne è scaturito un fiume di bellezza che invaso la chiesa e il mondo.
* L’arte suscita sentimenti ed emozioni, estetiche ed insieme spirituali. Profonde. Ha un grande respiro che corrisponde al bisogno, mai del tutto appagato, di vedere la bellezza che risponde alle interiori aspirazioni personali di ciascuno e che va oltre se stessi.
Ben lo dice Paolo VI° : “L’arte rende accessibile e comprensibile, anzi commovente il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di DIO. (…). Voi artisti rendete accessibile e comprensibile il mondo dello spirito…(…) mediante la capacità di avvertire, per via di sentimento, ciò che per via di pensiero non si riuscirebbe né a comprendere né ad esprimere. Ecco:“L’arte dovrebbe essere intuizione, dovrebbe essere facilità,dovrebbe essere felicità” (…)
L’arte non si ferma a se stessa. Diventa spiritualità che tocca le profondità dell’anima, perché è irradiazione della bellezza divina. Per avervi accesso :“Bisogna entrare nella cella interiore di se stessi e dare al momento religioso, artisticamente vissuto, lo spazio che merita”… Per poterla apprezzare e gustare” ( Discorso agli Artisti, tenuto nella Cappella Sistina, 7 maggio 1964).
La via della bellezza
* Ci accompagnano in questa “via pulchritudinis” – in questa via della bellezza - Paolo VI e Giovanni Paolo II, il primo nel discorso agli artisti tenuto nella Cappella Sistina il 7 maggio 1964 e il Successore nell’inaugurazione dei restauri della Cappella Sistina con una riflessione sulla “teologia del corpo” quella che il grande Michelangelo ha descritto con il pennello, sulle pareti della Cappella. Solo con la bellezza la verità manifesta tutto il suo splendore!
“Dio è la fontedella bellezza integrale del corpo” così che la Cappella Sistina, che ce la presenta con ampiezza e dispiegamento impareggiabili, ne è il santuario. Per cui il corpo umano può rimanere nudo e scoperto e conservare intatto tutto il suo splendore e la sua bellezza. Il medesimo che gli apostoli hanno contemplato, trasfigurato, sul monte Tabor. Manifestazione, questa, che costituisce una delle principali fonti cui attinge da sempre la spiritualità e la devozione orientale, che la consideracome il più eloquente libro per i mistici e per tutti i discepoli del Signore.
“ Vieni nel silenzio e parlerò al tuo cuore”
* E’ il vangelo ce lo suggerisce quando leggiamo le parole del Signore:”“Maria ha scelto la parte migliore che non le verrà tolta”! (Lc. 10,42) e “Venite in disparte e riposatevi un po’” (Mc. 6,30) disse Gesù agli apostoli affaticati che ritornavano da una missione, per la quale erano stati inviati dal Maestro. E quando dice a noi: ”venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi ristorerò” (Mt. 11,28)
Così si risponde all’invito dello Spirito Santo: “Vieni nel deserto e parlerò al tuo cuore”(Osea 2,16). Donde Agostino prega: “Liberami, o mio Dio, dall’abbondanza di parole di cui soffro, nell’interno della mia anima, povera al tuo sguardo ma che si rifugia nella tua misericordia. Parlando di Te un sapiente ha detto nel suo libro, l’Ecclesiastico: “Noi moltiplichiamo le parole senza giungere alla meta” (Eccl. 43,29) Infatti anche quando tace la voce, non tace il pensiero, perché sono molti i miei pensieri”. (“Davanti a te stanno la mia scienza e la mia ignoranza” dal “De Trinitate” di S. Agostino Libro XV, cap 28,51).
Lo stesso invocato dalla chiesa come “Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo” (dalle sequenza latina “Veni Sancte Spiritus” )
* Quando Dio è libero di agire in chi si affida a lui lo può condurre finoall’estasi che rapisce. Come è avvenuto in S. Paolo – “né occhio mai vide, né orecchio udì , né mai entrarono in cuore di uomo, queste ** ha preparato Dio per coloro che lo amano” (1 Cor. 2,9). E’ come è avvenuto ai tre Apostoli, Pietro, Giacomo, e Giovanni che furono testimoni estasiati sul monte Tabor, il monte della trasfigurazione del Signore, tanto da far esclamare a Pietro: “è bello per noi stare qui!” (Mt.17,2)
Avvenne anche per Agostino ad Ostia e per altri – come Teresa d’Avila e Filippo Neri - che ne ebbero il dono.
Si comprende, in proposito, il rincrescimento di S. Agostino, che può essere anche il nostro, che nelle “ Confessioni” ammette apertamente: “Tardi tiho amato bellezza tanto antica e tanto nuova. Tardi ti ho amato” (Conf. 10,27)
La preghiera viene trasformata
*La prima ad esserne investita e trasformata é la preghiera. Diventa un’altra cosa! La preghiera non é una recita meccanica come spesso diventa. La contemplazione la purifica e la eleva. Cerca il rapporto personale con Dio e si lascia trovare da lui. Di conseguenza si chiede “non prevalgano in noi i nostri sentimenti, ma l’azione della sua grazia” (cfr. 1 Cor. 15,10 )e di essere liberati dalla “ragioneutilitaria” che guarda ai propri vantaggi, sia pure spirituali, nel nostro rapporto con Dio ma gioisca della sua grandezza e della sua bellezza. Qui si realizza la forma più alta di preghiera, quella spirituale, che fa uscire la natura da ciò che le è proprio. La supera. Allora non prega né l’anima, né la mente, né i sensi: perché tutto è nella quiete. E’ lo Spirito divino, lo stesso che discese su Gesù nel battesimo al Giordano, che compie la propria orazione al Padre, lui che “prega con noi e prega per noi con gemiti inesprimibili”(Rom. 8,26) In lui e per lui la preghiera diventa affettuosa. Infatti “l’amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori mediante lo Spirito santo che ci è stato donato” (Rom.5,5).
Egli pone il suo “sigillo”, cioè la sua impronta divina che dà unaconoscenza sperimentale della sua presenza e della sua azione in noi. “Ricevi il sigillo dello Spirito santo che ti è dato in dono”, ci è stato detto quando abbiamo ricevuto il sacramento della confermazione.
Così avviene che chi prega si acquieta davanti alla magnificenza del Signore che si rivela a lui nello Spirito ed entra in un silenzio, non conosciuto prima, che lo rigenera e che si fa lode: Silentium tibi laus”! Questo è il segno che il Signore si è compiaciuto di lei e si manifesta. A questo punto le parole non servono, anzi disturbano. Anche la mente non discorre più, intuisce e vede il mistero alla luce della fede. “Quando pregate non moltiplicate le parole, come fanno i pagani” (Mt. 6,7)
La singolare vicenda spirituale del Petrarca
* Il Petrarca, sommo poeta, il primo grande poeta lirico della letteratura italiana, era attratto dal silenzio, dalla vita eremitica che periodicamente cercava e viveva, come bisogno spirituale e che trovava realizzata nei monasteri, dove viveva il fratello Gerardo che visitava periodicamente.
Ne fanno fede le sue opere: il “Secretum” che descrive un dialogo immaginario tra Agostino – il suo “alter ego” - la verità e la sua coscienza sempre in ricerca. Ma soprattutto lo testimoniano il “De vita solitaria” e il “De otio religioso”.
E’ un atteggiamento ed un esempio da imitare. In tempi di carestia spirituale, come i nostri, darsi all’”otium” diventa sempre più necessario per conquistare o ri-conquistare la libertà interiore, soprattutto da se stessi, che è la più difficile e per vincere la dissipazione e la dispersione che insidiano l’unità di vita.
* Aveva compreso che bello è il silenzio, bello è l’”otium” latino, che c’è quando, per scelta, ci fa vivere lontano dai traffici quotidiani, dall’agitazione della città. Il “vacare” dei latini significa riposare, cioé rendersi liberi da altro per riflettere, in compagnia di se stessi. Non è l’oziare, il dolce far nulla italiano, ma è un dedicarsi al riposo dello spirito. Che ricrea. Prendersi lo spazio di libertà, riposarsi, gioire, gustare la bellezza, la verità e la vita.
* Le icone
Lo scopo dell’icona è la contemplazione. Le icone sono il tentativo di esprimere la propria esperienza del rapporto con Dio attraverso i colori e la luce. I pittori delle icone sono dei contemplativi, ad essi si richiedono non solo arte e talento ma santità di vita. Purificati dall’ascesi, dal digiuno e dalla preghiera. Il monaco-pittore così prega:” O Dio, illumina l’anima del tuo servo, conduci la sua mano, perché possa eseguire i tuoi misteriosi lineamenti”. Vedi “Teologia della bellezza” di Evdokimov” e Dostoevskij“ La bellezza salverà il mondo”. Questa espressione artistica elevatissima riflette e trasmette un messaggio teologico, nato e sviluppato nel contesto della cultura e della spiritualità bizantina e russa e che ha la sua privilegiata esposizione nelle liturgie delle chiese ortodosse che le considerano come “finestre sull’eternità”.
* Le miniature
Con la stessa finalità sono stati ornati di miniature - figure che emergono dal testo -le pergamene, i codici antichi, in particolare i libri della Bibbia, le cui pagine hanno l’”incipit”, i “tituli”, i capilettera, cioè la lettera iniziale della prima parola del testo, scritta con grande evidenza per potervi collocare, al suo interno, la scena che riassume e mostra i divini misteri narrati nel testo stesso. La miniatura è un’illustrazione figurata del testo che invita alla lettura e che ha lo scopo di introdurre e facilitare la comprensione. Illustrazione pittorica applicata a testi letterari. Ne viene un libro illustrato – soprattutto per l’uso liturgico. Il testo viene nobilitato attraverso l’ornato. Dante dice, a proposito, che “ Ridon le carte” ( Purgatorio, II, 82).. Si tratta di vedere più che di leggere.
L'arte è una forma di conoscenza
L’arte è una forma di conoscenza che svela i segreti che porta in sé. E’ una meditazione che abbraccia anche il creato, con i suoi colori e le sue sfumature, con le ombre e con le luci, secondo l’interpretazione che l’artista ha concepito e che si è stabilita dentro di lui, quasi in un giardino mentale, che poi esprime nella sua opera, frutto dell’occhio e della mano, e che si propone allo sguardo e alla intelligenza di innumerevoli altri uomini.
Perciò i dipinti sono come libri – “Pictura quasi scriptura”scrive S.GregorioMagno - che possono essere letti da tutti coloro che li aprono e li sfogliano, perché sonoaccessibili anche agli analfabeti e agli illetterati, grazie al loro linguaggio che parla ad ogni uomo e ad ogni cultura. L’antica intuizione della “Bibbia dei poveri” che ornava le pareti del Tempio - esempio inarrivabile sono i mosaici“ della Cattedrale di Monreale e di Cefalù, che descrivono la storia della salvezza dalla Genesi all’Apocalisse” – continua a ripresentarsi, illuminando di luce gli occhi e l’anima di ogni visitatore, soprattutto se credente. E’ una “narrazione storica” della vita di Cristo, presentata nei momenti decisivi per la nostra salvezza.Il concilio di Nicea del 787 paragona la pittura alla predicazione della fede (cfr. l’omelia di S. Basilio sui 40 martiri – PG 31,509 a).
* “Saper vedere” (Matteo Marangoni Ed. Garzanti) – “Come si guarda un quadro” Ed. Vallecchi, che si completano. E “Vedere il mistero” di Timothy Verdon – ed. Mondadori)
LA MUSICA
* Anche lamusica con le sue armonie e melodie può condurre alla contemplazione. E’ pane dell’anima. La musica ha un linguaggio artistico supremo, capace di raggiungere l’ascoltatore nel profondo e lo eleva attraverso una strada tutta propria. E’ un racconto e nello stesso tempo é un viaggio che trasporta, con il ritmo e con i suoni, in un mondo di armonia e di bellezza interpretando, di volta in volta, i sentimenti umani più diversi. I grandi musicisti hanno saputo interpretarli e trasmetterli con tale efficacia da coinvolgere profondamente chi ascolta. (cfr. l’intervento di Benedetto XVI alla Scala di Milano in occasione della Convocazione Mondiale delle Famiglie che ha avuto luogo a Milano). “Per me è un onore essere qui con voi e aver vissuto, con questo splendido concerto - la Sinfonia Nona di Beethoven -. un momento di elevazione dell’animo. La gestazione della Nona Sinfonia fu lunga e complessa, ma fin dalle prime sedici battute del primo movimento, si crea un clima di attesa di qualcosa di grandioso e l’attesa non è delusa” (Teatro La Scala di Milano, 1 giugno 2012). J.S.Bach iniziava ogni sua composizione, quali la Passione secondo Matteo,la Passione secondo Giovanni e la Messa in Si minore, scrivendo Jesu Juva e la concludeva con Soli Deo gloria!
C’è da aggiungere quanto lo stesso Ratzinger ha scritto il 2 aprile 2015: ” Nelle grandi composizioni sulla Passione di Johann Sebastian Bach, che ogni anno ascoltiamo durante la Settimana santa, con emozione sempre nuova, il terribile avvenimento del Venerdì santo è immerso in una trasfigurata e trasfigurante bellezza” (“ Corriere della sera del 2 aprile 2015). Giustamente può essere detto musicista teologo.
La varieta’ dei linguaggi musicali
* Anche la musica parla mille linguaggi attraverso generi “letterari” i più diversi che hanno un rapporto con la spiritualità. In questo ambito assume un’ importanza preminente la musica di ispirazione religiosa, come ad esempio i corali di Bach e soprattutto la musica liturgica che trova nel gregoriano, nel canto ambrosiano, nel canto della liturgia bizantina e nella polifonia sacra, e nelle laudi la sua massima espressione. In esse infatti raggiunge il vertice nei capolavori, immortali, che hanno addirittura la forza di trasformarsi in una prova dell’esistenza di Dio, da aggiungere alle altre di carattere speculativo e mistico. E, infine, facendo un balzo altrove, la musica e il canto, davvero affascinanti, quelli che nascono ed esprimono la spiritualità del Sufismo– corrente spirituale dell’Islam – accompagnati da strumenti a noi sconosciuti. Interessanti. La musica ed il canto sacro sono espressionedell’esperienza mistica nata nei diversi contesti religiosi. E costituiscono un confronto, uno scambio di valori spirituali maturati in ambiti religiosi diversi; sono un arricchimento spirituale vicendevole cui attingere ed una via da percorrere per favorire il dialogo interreligioso attraverso questa via singolare, fino ad arrivare oltre, là dove le dispute teologiche non giungono. Infatti la musica ed il canto hanno unlinguaggiouniversale, ecumenico, perché da voci diverse creano una sola armonia che supera ogni divisione possibile e si svolge in un modo stupendo.
* Sorprendentemente lo disse Cioran, che si proclamava ateo, quando sentitosi profondamente coinvolto nell’ascolto di una sinfonia di Beethoven esclamò: avevo la sensazione vivissima che Dio stesse nascendo da queste note e si domandava meravigliato come mai i molti che lungo i secoli avevano cercato argomenti a favore dell’esistenza di Dio, non avessero pensato alla musica dei grandi!
Sono musiche, quelle appena nominate che si accompagnano ad un testo latino o greco o slavo o arabo: due elementi che non possono essere separati, perché sono nati insieme. Sono testi che non possono essere sostituiti da una traduzione in lingua italiana, sarebbe in sé cosa impropria, che inoltre renderebbe scorretta e forzata l’esecuzione, a causa della diversa divisione delle sillabe.
* Qui é la musica che basta a se stessa, che prevale sulle parole, come afferma lo stesso Agostino: (…) “mi accade di sentirmi più commosso dal canto che dalle parole cantate” ( Confessione cap. XXXIII). Per questo il linguaggio della musica può essere inteso da tutti, al di là della appartenenza linguistica e culturale.
La musica richiede il canto.
* “L’amoroso canto/ che mi solea quetar tutte mie voglie/ di ciò ti piaccia consolar alquanto l’anima mia” Perché il canto è la preghiera che riavvicina le anime a Dio e la musica è il modo con cui le anime si restituiscono a Dio. “Il canto è preghiera, è il “sacrificium vocis” del canto gregoriano” (Sermonti).
Un canto e una musica senza aggettivi, che hanno modulazioni in crescendo fino a diventare giubilo. Il giubilo dell’anima perché l’amore cresce nel cuore e nella voce. In una parola“Cantare èproprio di chi ama”, dice S. Agostino che confessa: “ Ricordo le lacrime versate nell’udire il canto della tua sposa, la chiesa, nei primi tempi del mio ritorno alla fede e la commozione che ora provo non per il canto, ma per quello che si canta. (…) “ Approvo il canto della tua chiesa perché le anime più tarde possano sollevarsi al sentimento della pietà [ della preghiera] con l’aiuto del diletto che provano” (Confessioni cap. XXXIII).
E commentando il salmo 32 scrive: “Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantate. cantate al Signore un canto nuovo. cantate a lui con arte”(salmo 32,2.3). Non andare in cerca di parole. Canta con giubilo. Cantare con arte a Dio consiste proprio in questo:cantare con giubilo. (…) quando l’emozione cresce, non la si può esprimere con le parole, ma con una modulazione di note, che chiamiamo giubilo. Il giubilo è quella melodia, con la quale il cuore effionde quanto non gli riesce di esprimere a parole” (Agostino - Commento al salmo 32).
* Le indicazioni del Concilio Vaticano II° che si è occupato della musica liturgica e del canto. Opportunamente.
1) “La tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio di inestimabile valore, che eccelle tra le espressioni dell’arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne. (…) La musica sacra da alla preghiera una espressione più soave e favorisce all’unanimità nella lode a Dio”. (Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II cap. 6 n. 112).
2) “La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana” (n. 116).
La musica che accompagna e si sposa al canto sono un invito a partecipare alla festa. Non si può stare in disparte. Si deve vincere l’insensibilità per non subire il rimprovero: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto” (Lc.7,31)
Non si è contemplativi per se stessi ma per la chiesa
* L’esperienza della contemplazione non chiude in se stessi ma apre agli altri perché ne siano “contagiati”: Così si avvera e si realizza l’antico “contemplata aliis tradere” – partecipare agli altri ciò che si è contemplato e ammirato: nel nostro caso, mediante le immagini e le melodie. Infatti non si è contemplativi per se stessi ma per la chiesa. E gli stessi capolavori di arte, in immagini e melodie, sono “un tesoro di valore inestimabile anche per la pastorale”.
La contemplazione infusa poi é dono dello Spirito santo: è gusto, profumo sapore, ed é unzione, la “spiritalis unctio”, che é sorgente di una conoscenza che viene dall’alto. Infatti sta scritto che “l’unzione di lui ci istruisce su tutto” (1 Giov. 2,27)
Esattamente un intelletto d’amore: “L’amor che nella mente mi ragiona” (Purgatorio, II, 111, incontro di Dante con Casella, musico e cantore fiorentino). “ Amor ipse intellectusest, amor ipse notitia est” (S. Gregorio Magno): L’amore è esso stesso conoscenza, l’amore è la notizia”.
* Ci si deve educare all'ascolto della musica! Vedi il classico "Capire la musica" di Matteo Marangoni – Ed. Garzanti.