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LE CHIESE LOCALI ED IL VANGELO DELLA CARITA'
 di Luciano Baronio
La presente riflessione va collocata nel contesto degli anni dedicati alla “Evangelizzazione e testimonianza della carità” che hanno segnato una tappa molto importante del cammino della chiesa italiana nel suo insieme. La prospettiva ed i temi riguardanti il “Vangelo della carità” sono tutt’altro che superati. Tuttora ci riguardano per la loro centralità nella vita cristiana e per un momento di verifica sempre necessaria al cammino pastorale delle nostre comunità, che deve essere caratterizzato da unità e continuità. Le citazioni virgolettate sono tolte, per lo più, dal documento della CEI “Evangelizzazione e testimonianza della carità”
 
Un grande passo avanti
 
"Evangelizzazione e testimonianza della carità, è un documento pastorale notevole, sia per la profonda unità tematica che per la ricchezza di contenuto. Soprattutto esso costituisce una autentica novità nella chiesa italiana. Una novità che salutiamo con gioia: dono dei Vescovi, ma soprattutto dello Spirito di Dio che "parla alle Chiese" (Ap. 2,7). Novità, si diceva, nel senso che è il primo documento che tratta in modo organico - anche se non esaustivo - della testimonianza della carità, meglio della diaconia nella e della Chiesa. E' un grande passo avanti, in quanto la Chiesa italiana nel suo insieme ha assunto in prima persona l'impegno di educare alla carità e di viverla, ponendo fine, in certo senso, ad una specie di delega e riportando così la carità dalla periferia al centro dell‘attenzione, della riflessione e soprattutto della vita delle comunità cristiane, chiamate ad essere soggetto della testimonianza. Acquisendo inoltre, a tutta la comunità, quanto è stato portato avanti, sia a livello di riflessione che di impegno operativo, da realtà ecclesiali diverse, ed in particolare da gruppi di cristiani particolarmente impegnati (volontari, ecc.) o da organismi pastorali un po’ di frontiera (ad esempio, la Caritas).
 
"Orientamenti pastorali” il perché di una scelta
 
Va precisato  che non si tratta di un piano pastorale, ma di "orientamenti pastorali per gli armi ’90". La scelta non è casuale: ha più di una ragione. Vale la pena di farvi un cenno, perché non è una questione formale. Forse si è cominciato ad avvertire che la parola “piano" è teologicamente inadeguata perché, mettendo l‘accento sulla "nostra" programmazione, rischia di lasciare in ombra il primato della Parola e dell’azione dello Spirito (si noti anche l’importanza ecumenica di questa osservazione) che, nella sua inesauribile novità, conduce la vita della chiesa e dell’umanità per vie misteriose e imprevedibili. Impossibile imbrigliare e "pianificare" la forza e l’impeto dello Spirito e della storia. Il documento pastorale, non si pone perciò come un assoluto, che tutto prevede e da cui tutto attendere, ma come uno strumento per la faticosa mediazione ecclesiale tra lo Spirito e la storia, tra la Parola, la celebrazione (anno liturgico) e la vita, tra la teologia e la pastorale. A questa prima ragione se ne possono aggiungere altre due.
- La prima: l’accelerazione impressionante degli avvenimenti, la profonda evoluzione culturale in atto e l’arco notevole di un decennio domandano "umiltà" cioè, consapevolezza del limite delle nostre analisi e delle previsioni, elasticità, adattabilità ed adeguamento al nuovo, pressoché continuo.
- La seconda: è una motivazione ecclesiologica. Il riconoscimento dell’autonomia delle chiese locali considerate nella loro realtà teologica, storica e pastorale, rispetto ad un organismo centrale quale è la CEI; che è un organismo di comunione, di dialogo tra Vescovi e tra chiese e di servizio, ma che non intende  imporre né imporsi alla vita delle chiese locali. Il documento stesso riconosce infatti lo "spazio alle singole chiese particolari onde possano mettere in atto il Vangelo della carità secondo le tradizioni e le situazioni a loro proprie ed il loro specifico cammino". Questo vale non solo per le indicazioni operative, ma per tutte le dimensioni del documento, che, in sede locale, vanno riprese, approfondite e contestualizzate.
 
Indicazioni di metodo per la pastorale delle chiese locali
 
E’ assai significativo - ed anche questo ci appare come una novità - perché indicativo di un metodo, il fatto che il documento si apra con delle considerazioni, riguardanti il contesto socio-culturale odierno dentro il quale viviamo e operiamo.
Il punto di partenza è costituito dal "dato" della situazione, cioè dal contesto socio -culturale, segnato profondamente.
- da nuovi scenari
- da grandi sfide
- da attese
- e dalle ripercussioni che questi tre fattori hanno sulla e nella comunità cristiana. La situazione è considerata a livello italiano, europeo e mondiale. Il "panorama" che si presenta alle nostre chiese e alla loro missione è perciò della massima estensione e soprattutto é profondamente cambiato. A sostegno della tesi vengono elencati i fattori di novità distinti in 3 categorie:
 
I nuovi scenari
 
I nuovi scenari sono nati:
- dagli avvenimenti dell’Est europeo; "dove é crollata la tragica utopia di un totalitarismo disumano che pretendeva di salvare l`uomo allontanandolo da Dio";
- dalla situazione del Sud del mondo; "dove moltitudini attendono il pane di giustizia e la parola di salvezza"’, verso le quali abbiamo un "crescente dovere di solidarietà”;
- dall’"orizzonte planetario della pace";
- dalla "sfida ecologica";
- dagli ingenti movimenti migratori, che interessano l’intero pianeta e che costituiscono la "questione sociale" — problema cioè di giustizia e di pace - della fine del secondo millennio. La Croce Rossa internazionale ha  quantificato in 500 milioni di persone gli abitanti del pianeta che sono o saranno, nell’imminente futuro, coinvolti, per motivi diversi, per lo più forzati (si pensi ai profughi per ragioni politiche o economiche), nel fenomeno migratorio;
dall’unificazione dei popoli, accelerata dai mezzi di trasporto da una nazione all‘altra e da un continente all’altro e dai mezzi di comunicazione sociale (mass-media), che ormai sono in grado di far conoscere in tempo reale e di far partecipare in diretta agli avvenimenti, ovunque essi accadano. Per cui si sta realizzando davvero il "villaggio gIobale" previsto da Mac Luhan.
 
Le grandi sfide     
 
 Le grandi slide sono provenienti soprattutto
- dalla situazione di "disagio diffusa tra i giovani ed anche trai meno giovani, che viene drammaticamente alla luce per la mancanza sempre più estesa di un lavoro adeguato e per in fenomeni  della droga e di altre forme di devianza"’;
- dalla famiglia "fortemente insidiata nei suoi aspetti più essenziali" (crisi coniugali, difficile intesa tra genitori e figli, gravissima diminuzione delle nascite. tragedia dell’aborto)“;
- dalla contraddizione stridente con la società del benessere, costituita dalle molteplici forme di povertà, dal divario tra Nord e Sud del paese e del mondo, dalla criminalità organizzata, che giunge perfino ad arruolare, come manovalanza, dei bambini.
Da queste realtà, antiche e nuove, che nella loro gravità e complessità interpellano tutti noi, scaturisce un grido. un "appello etico", che coinvolge il nostro modo di vivere, le scelte, i comportamenti, la cultura e le risorse.
 
La profonda evoluzione socio-culturale e le nuove attese
 
• I nuovi eventi non debbono però far dimenticare che ha avuto luogo, per evoluzione interna, un’altra trasformazione della società, ancora più profonda. Essa da omogenea ("contadina") si é fatta pluralista e complessa ("urbana"), dominata da una "cultura debole e frammentaria, mancante di verità e di amore, ripiegata sul privato, tesa al profitto e incapace di grandi progetti e di spinte ideali". Di conseguenza la crisi, prima che nelle "cose" sta nell’animo della gente, é dentro la vita. Agli occhi dell’uomo moderno tutto sta cambiando, significati e valori, per cui, egli si pone domande nuove, fondamentali ed angosciose: che cosa è l’uomo? che significato ha la vita sulla terra? qual è il suo destino? Per effetto della secolarizzazione, o meglio del secolarismo, è entrato in crisi, nel senso che sta cambiando, anche il rapporto con Dio, oltre che il rapporto dell’uomo con se stesso, con i propri simili e con la natura.
Di questa radicale trasformazione ne risente profondamente anche la "vita cristiana" che, per riflesso, conosce, in larga misura, il fenomeno del dubbio e della soggettivizzazione della fede, del relativismo morale, dell’appartenenza parziale alla chiesa o addirittura dell’abbandono e dell’indifferenza religiosa di molti, perché "la verità non è più accolta nella sua integralità e non è chiaramente compresa nella sua origine divina e rivelata". Infatti, "il processo della secolarizzazione e la società complessa convergono verso la parcellizzazione dell`esistenza, nella quale anche la religione e la morale, finiscono per essere ridotte a momenti parziali, senza ruolo di riferimento e di sintesi”
· Non mancano, però, nel contempo, domande e attese di segno positivo:
- domande di orientamento:
- ricerca di valori etici e di regole di vita che diano fondamento e senso ai vari ambiti della vita umana, anche da parte della cultura "laica" che finora aveva rivendicato la piena autonomia dall’etica, soprattutto per alcuni ambiti, quali la politica, l`economia, la ricerca scientifica, ecc.; ora sono tutti in cerca di regole per troppo tempo dimenticate;
- sete di esperienze di carattere spirituale che rispondano al bisogno di Dio, che, nonostante tutto, è tutt‘altro che spento nel cuore umano;
- richieste di solidarietà e risposte crescenti di disponibilità.
Per servire l’uomo, per amarlo, bisogna capirlo; così come bisogna conoscere il mondo e la società di oggi, se si vogliono portare a Cristo. Alle comunità cristiane è dunque domandata, in primo "luogo la fatica della studio e dell’analisi, che non può essere frettolosa e superficiale, se vuole essere in grado di coniugare Vangelo e storia, nella loro specifica originalità. E’ una indicazione di metodo, assai importante, anzi fondamentale per le nostre comunità chiamate a fare non una pastorale che prescinde, ma una pastorale che risponde ai problemi e alle attese.
 
Un nuovo progetto pastorale
 
Alle chiese locali, è domandato concretamente. di ripensare il progetto pastorale, a partire dalle riflessioni sul Vangelo della carità, dalle acquisizioni teologiche e di vita cristiana vissuta dalle nostre comunità, soprattutto in questi anni del dopo Concilio. Infatti nel documento così si afferma: “l’evangelizzazione e la testimonianza della carità esigono oggi, come primo passo da compiere, la crescita di una comunità cristiana che manifesti in se stessa con la vita e con le opere il Vangelo della carità"; ed ancora: "Sulla base della reciproca carità, va proseguito il cammino di rinnovamento delle nostre comunità”.
 
I - Evangelizzare
 
"In questa situazione diversificata e complessa, luci e ombre convergono nel confermare e rafforzare la centralità e la priorità dell'evangelizzazione" in continuità con il Vaticano II ed il cammino pastorale della Chiesa italiana, le cui tappe sono così riassumibili:
- anni `70: "Rinnovamento della catechesi" (1970); "Evangelizzazione e sacramenti" (1973); "Evangelizzazione e promozione umana" (1976); "Evangelizzazione e ministeri" (1977):
- anni `80: "Comunione e comunità" (1981); "Eucarestia, comunione e comunità” (1983); "Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini" (1985); "Comunione e comunità missionaria" (1986); "Comunione e disciplina ecclesiale" (1989).
Lei nostre chiese locali debbono essere consapevoli che l’uomo d’oggi attende una risposta globale che interpreti e illumini la vita, dal di dentro e dall’alto, onde sia possibile poggiare l‘esistenza su "verità" che tengono. La risposta non l’attende solo il singolo, ma anche la società come tale. Per questo i Vescovi ricordano che "dobbiamo avere sicura coscienza che il Vangelo é il più potente e radicale agente di trasformazione della storia".

Evangelizzare l’uomo profondamente cambiato

• "L'educazione alla fede è una necessità generale e permanente" dunque la risposta prima é: evangelizzare!
- l’uomo "urbano" - e la società mutata. La verità è quella di sempre, ma il metodo, il linguaggio, l’aggancio all’uomo e ai problemi va ripensato. In molte comunità che annunciano è mancato il confronto con l’uomo  e con la città nel suo insieme, ignorando che non esiste soltanto una tipica mentalità moderna definita "urbana", ma anche un suo modo caratteristico di avvertire il problema religioso. La fede di un uomo urbano deve essere capace di vivere in mezzo ad un pluralismo vivace"(Cox). Chi vive a contatto con la gente e I’ascolta sa che le domande, le obiezioni e i dubbi - di carattere religioso - sono diversi da quelli di ieri; ciononostante si è sempre tentati di dare le stesse risposte, prescindendo da ciò che la gente pensa e dice.. A domande nuove occorrono risposte nuove!
Sia teologi protestanti che cattolici sono concordi nell`individuare una delle cause della crisi delle nostre comunità nel mancato confronto con l`uomo "urbano" e con la città dell`uomo nel suo insieme.
"E’ lecito pensare che la scristianizzazione "urbana" è almeno in parte il prezzo pagato per l’assenza di una concezione teorica e di un atteggiamento della chiesa di fronte al fenomeno urbano. Il divario tra la città degli uomini e la fede cristiana é troppo evidente. L‘assenza del cristianesimo da un progetto di città giusta rende "assente" il messaggio cristiano nella vita degli uomini". L’avvocato ebreo - André Chouraqui - in un colloquio con P. Danielou, affermava: "la religione ebraica è caratterizzata dal matrimonio di un Dio (quello del Sinai), di un popolo (lsraele) e di un paese (la Terra promessa)". La città dell’uomo, perciò, va inclusa nel progetto pastorale e ripensata in termini di solidarietà, non solo culturale e spirituale (valori) ma anche in termini di solidarietà politica ed economica, (tra singoli e tra categorie) e la vita sociale va concepita, da tutti, come intreccio di diritti e di doveri.
·                   In questo senso si può comprendere, ancora di più, l’insistenza sulla prima evangelizzazione e sulla nuova evangelizzazione.
- Si parla di prima evangelizzazione: "Di fronte a questa realtà complessa appare anzitutto urgente promuovere una pastorale di prima evangelizzazione che abbia al suo centro l’annuncio di Cristo morto e risorto”, rivelazione di Dio e dell‘uomo. Il primo annuncio, é per chi non ha conosciuto il Vangelo, per chi ne ha smarrito il senso, per chi appartiene ad altre religioni o a sette, per chi è "laico", agnostico o ateo, facendo leva sui "semina Verbi" presenti nelle varie "fedi" e culture.
- Si parla di nuova evangelizzazione: nuova per il metodo, caratterizzato da essenzialità (non va dimenticata "la gerarchia delle verità", della quale ci parla l’Unitatis Redintegratio, 1 1), per il fervore (convinzione rinnovata), per le vie, per gli ambiti nuovi (economia, politica, ricerca scientifica, ecologia, ecc.), che essa deve affrontare. Ora si tratta di capire meglio che cosa significano e che cosa comportano in concreto la prima e la nuova evangelizzazione sia a livello operativo, ma soprattutto formativo, perché non ci saranno né prima né nuova evangelizzazione se non ci saranno nuovi evangelizzatori.
 Paolo VI lo ricordava ai Vescovi del Lazio nella loro visita ad limina: "L’opera di evangelizzazione non può ricalcare pedissequamente i moduli, pur apprezzabili, del passato, ma deve escogitare ed affiancare ad essi forme di ardita innovazione, assumendo in alcuni casi quelle proprie del primo annuncia missionario. Se fino ad ieri era la popolazione che veniva alla chiesa e al vescovo, oggi - ecco la norma - é la chiesa, e il pastore che devono andare alla ricerca del gregge, applicando ad litteram l’istanza evangelica" (Cfr. Matteo 12,11; 18,12; Luca 15.4-6; Giovanni 10,1-6). Ancora lo stesso Paolo VI richiamava l’attenzione sull’urgenza di una evangelizzazione adeguata all’oggi: "Gli obiettivi del Concilio "si riassumono in definitiva, in uno solo: rendere la chiesa del XX secolo sempre più idonea ad annunziare il Vangelo all’umanità del XX secolo"".
 
Al centro del Vangelo tra la carità      
 
1) Il Vangelo è carità - Il Vangelo e carità perché il Vangelo é Cristo; "il suo contenuto é tutto e solo carità", quella di Dio che ama l‘uomo e quella dell'uomo che riflette e rivela l’amore di Dio, amando Dio e i fratelli: in questo la carità dell`uomo si fa testimonianza. Va detto subito, che "la carità" é quella di Dio, non ve ne sono due: la sua e la nostra. La nostra è sua. Ce lo ricorda S. Paolo: "L’amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori mediante lo Spirito che ci é stato dato", per cui è Dio stesso che ama in noi. E’ questa "la carità che entra nel contenuto stesso della rivelazione di Dio che é amore".”
2) La carità della verità - "Sull’esempio del suo Maestro, la chiesa è chiamata a compiere l’annuncio del Vangelo come primo e fondamentale atto di carità verso l’uomo". D’altra parte, soprattutto oggi, mentre si manifestano largamente povertà che superano la sfera dei bisogni materiali per toccare quelli spirituali (la mancanza di senso della vita, la solitudine. il sentimento di inutilità per ciò che si è si fa, la mancanza di rapporti umani significativi, ecc.), siamo in grado di comprendere meglio come la prima carità sia quella della verità. "Solo la verità di Dio che è anche verità sull’uomo, rende autentica e plenaria la carità, la quale se non si radica nella Verità, rischia di appiattirsi sui meri bisogni materiali"”. "All’uomo non basta amare ed essere amato, ha bisogno di sapere e di capire: ha bisogno di verità.
Allora, il non credere si configura contemporaneamente come resistenza alla rivelazione (alla verità) e come resistenza all’Amore. Perciò annunciare il Vangelo della carità significa evitare lo scoglio di annunciare una verità senza carità - una fede senza opere - ed una carità senza verità, attuando invece quanto l’apostolo Paolo dice: "Facientes veritatem in charitate" (Efesini 4,15). Diventare facitori della verità nella carità, perché "Charitas congaudet veritati" (1 Cor 13,6), cioè la carità gioisce e fiorisce insieme alla verità.
3) La carità testimoniata prepara la via all’annuncio del Vangelo, é via all’evangelizzazione, perché la carità é già, in se stessa, annuncio della verità cristiana, il cui centro é l’amore. Infatti i  Vescovi dicono che: "la diaconia della carità e la migliore testimonianza da offrire al mondo e diventa l’elemento basilare per l‘efficacia dell’evangelizzazione. E  che "Il Vangelo della carità non si annunzia se non attraverso la carità. L’evangelizzazione deve passare in modo privilegiato attraverso la via della carità reciproca, del dono e del servizio”. Dice bene S. Agostino: "Servum te faciat charitas, quia liberum te fecit veriras": la carità ti renda disponibile al servizio tu che sei stato reso libero dalla verità. E S. lgnazio di Antiochia: “La  fede é il principio, la carità e il compimento" della vita cristiana. Questi due "elementi" sono inscindibili.
 
Quale carità?
 
Di qui la necessità di ripensare la carità. Anch‘essa va evangelizzata e riscritta. Si tratta di delinearne il volto originario, che é poi quello antico, così come emerge dal Vangelo. Qui tocchiamo le radici profonde della carità, che sono in Dio, Padre, Figlio, Spirito santo. L’icona trinitaria, l’icona della croce e dell’eucarestia, strettamente legata al gesto della lavanda dei piedi, ci aiutano a scrutare. "la verità della carità".
A - La carità di Dio va colta alla sorgente attraverso:
- l’Icona della Trinità. La carità è Dio stesso: Padre, Figlio e Spirito santo. La SS. Trinità e amore interpersonale, é comunione, è accoglienza, è dono reciproco, è unità nella diversità delle persone. La nostra carità deve essere un riflesso della carità di Dio. Perciò S. Agostino, in modo ardito, scriveva: "Se vedi la carità, vedi la Trinità". Per cui è nel dono reciproco di sé, realizzato per la carità che viene da Dio che si rivela il suo amore per ogni uomo;
- l’Icona della croce, che manifesta "l’amore gratuito, misericordioso e onnipotente di Dio per gli uomini... tutta la profondità e l’efficacia del perdono di Dio". Per cui "l’ultima parola non è il peccato, ma l‘amore!". Questa "è una lieta notizia che esige conversione!". Le folle - dice l’evangelista Luca - accorrono, guardano e ritornano "battendosi il petto" (23.48). "perché lo spettacolo della croce, capovolge la vita";
- l'Icona dell’eucarestia. "Gesù ha racchiuso nei segni del pane e del vino il significato della sua intera esistenza". "Nell’ultima cena Egli lega strettamente eucarestia e carità" in quel gesto della lavanda dei piedi che è segno e anticipo del sacrificio profondo, dell’amore e del servizio reciproco.   Ma tutto questo esige la verifica della vita, come all’ultima cena è seguita la croce". Dunque. Gesù ci ha stato lasciato un duplice memoriale, in forza del quale, "è tanto necessaria alla chiesa la diaconia quanto lo è l`eucarestia" (Y. Congar). E’ una diaconia fondata e normata dall`eucarestia.
B - Anche la "nostra" carità va ripensata. Già abbiamo detto che essa proviene da quella di Dio, anzi è la sua carità in noi. Quando amiamo è Dio che ama in noi. Infatti "l’essere l’uno per l'altro non è altro che l’accettazione nella fede della forma trinitaria di essere l’uno per l'altro" (S. Dianich). Non sono le opere che mancano oggi, ci ricordano i nostri Vescovi, talora invece scarseggia la trasparenza di esse in modo che rivelino l‘amore di Dio. Come Cristo ci ha insegnato: "Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli" (Mt 5,16). E’ una carità esigente quella che Cristo domanda alla sua Chiesa, perché deve modellarsi sulla sua. E perciò deve essere contrassegnata da alcune caratteristiche: dalla gratuità, dalla eccedenza (che da più di quanto le viene chiesto), da un rapporto interpersonale coinvolgente, che trova nel "vicino" e nel "quotidiano" la sua concreta realizzazione, dall’atteggiamento di ascolto e dallo spirito di servizio. La carità è concreta, è azione! é dono del tempo, delle proprie capacità professionali, é dono di sé fino alla condivisione. Deve esprimersi inoltre nella promozione-liberazione del povero dai suoi condizionamenti, nel riconoscimento della sua pari dignità e dei suoi diritti, nella stima per i valori che porta (si ricordi la lode di Gesù per la vedova che dà il suo obolo), nell’amore preferenziale verso di lui, - come segno messianico della presenza del regno di Dio nel mondo – e nella dimensione politica, cioè in una carità che si fa progetto, per una società rinnovata. Tutto questo esige un profondo cambiamento di mentalità personale e comunitario. "La carità evangelica poiché si apre alla persona intera e non soltanto ai suoi bisogni, coinvolge la nostra stessa persona ed esige la conversione del cuore. Può essere facile aiutare qualcuno senza accoglierlo pienamente. Accogliere il povero, il malato, lo straniero, il carcerato è, infatti, fargli spazio nel proprio tempo, nella propria casa, nelle proprie amicizie, nelle proprie leggi". Perciò "La carità è molto più impegnativa della beneficenza occasionale, la prima coinvolge e cerca un legame, la seconda si accontenta di un gesto".
 
II - Testimoniare
 La comunità cristiana, soggetto della testimonianza

Si parla qui della carità della comunità cristiana che la riceve in dono da Dio e la testimonia, riconoscendo in essa la sua legge, anzi la sua stessa natura. S. Ignazio di Antiochia scrive che la "Chiesa é Agape", come Dio. Allora, concretamente, "tutto deve essere pensato ed attivato nel segno della carità, per recare con le parole e con i fatti, agli uomini, a tutti gli uomini, soprattutto ai più bisognosi, ai poveri, ai sofferenti e agli oppressi, la buona notizia dell’amore di Dio in Gesù Cristo per mezzo della Chiesa". Non basta alla comunità cristiana che i singoli facciano gesti di carità, è necessario che la stessa comunità ne dia testimonianza, precedendo con l’esempio e indicandone la via. "L’amore preferenziale per i poveri e la testimonianza della carità sono compito di tutta la comunità cristiana, in ogni sua componente ed espressione". Da questo derivano alcune conseguenze:
1) La carità entra nel progetto pastorale - Occorre "far maturare delle comunità parrocchiali - che "costituiscono il tessuto portante della nostra chiesa" - le quali abbiano la consapevolezza di essere …soggetto di una catechesi permanente e integrale"...; di una celebrazione liturgica viva e partecipata; di una testimonianza di servizio attenta ed operosa". Ciò comporta una pastorale che “favorisca un’osmosi sempre più profonda tra queste tre essenziali dimensioni del mistero e della missione della chiesa per cui il Vangelo della carità non può non continuare nelle opere di carità testimoniate con la vita e con il servizio". Quella della comunità, dunque, deve essere una pastorale, il cui progetto deve comprendere non solo la Parola e la celebrazione ma anche la testimonianza della carità, riconoscibile attraverso le opere. Se la fede della comunità non si traduce nelle opere della carità, la vita cristiana e la pastorale rischiano di ridursi al momento dell’annuncio e della preghiera, distaccati dalla vita.
2) Bisogna "rifare con la carità il tessuto delle nostre comunità", onde presentare un modello di convivenza umana rinnovata e riconciliata, in Cristo. Ciò comporta un riconoscimento reciproco tra persone, gruppi e ministeri diversi (si pensi, per esempio, alla fatica che il diaconato ha fatto e ancora fa, a trovare uno spazio in molte delle nostre comunità), con l’impegno di dare voce a chi finora non l’ha avuta o scarsamente: i laici, tra questi le donne, i bambini, gli anziani, le famiglie, gli immigrati, i poveri. Diversamente ci potrebbero dire: "Medico cura te stesso!". (Lc. 4,23) Difficilmente diventa strategia pastorale ciò che non è vissuto a livello di vita personale e comunitaria.
- 3) La comunità deve sentirsi in servizio all’uomo - "Il mondo è gravemente ammalato di individualismo che portato alle estreme conseguenze è il vero responsabile delle attuali condizioni dell’umanità. E’ di questo male che il mondo muore. Occorre prestare il rimedio che guarisce. Ed il rimedio non può essere che la carità cristiana; secondo il principio che "contraria contrariis curantur". Però la carità ed il servizio all’uomo per essere concreti hanno bisogno di scoprire la dimensione territoriale della pastorale.
La "diaconia" della comunità cristiana si concretizza perciò a partire:
• dai problemi e dalle attese del territorio,
• dalla conoscenza e dalla lettura delle povertà e dei fatti della vita,
• dall‘attenzione alla dimensione socio—politica dei problemi e delle risposte (ruolo delle istituzioni. legislazione, politiche sociali, partecipazione democratica, trasparenza amministrativa, utilizzo delle risorse, cambiamento delle strutture, ecc.).
Questa dimensione "missionaria" della pastorale della comunità cristiana ha bisogno:
·     che vengano superati gli atteggiamenti di estraneità, di distanza tra comunità cristiana e territorio;
• che le iniziative di carità siano espressione della missionari età della chiesa anche quando sono promosse da singoli o da gruppi e che non si riducano a mera risposta ai bisogni;
• che ci si provveda di strumenti adatti, i quali rendano concretamente perseguibili gli obiettivi che ci si propone (chi non usa i mezzi, non può raggiungere i fini ).
Si tratta di cogliere tutta l’importanza di un metodo che pone al primo posto l’ascolto e l’osservazione attenta e continuata della realtà e delle persone. Anche senza cedere all’enfasi, va ribadita con forza l’indispensabilità dei centri di ascolto dei poveri e degli osservatori delle povertà, come strumenti di una pastorale che si misura con la vita concreta e con i problemi della gente, soprattutto quando le dimensioni e la complessità del contesto umano rendono difficile o addirittura impossibile una conoscenza adeguata della situazione. E’ bene, a questo punto, riprendere alcune affermazioni dal documento dei Vescovi, che ci aiutano a verificare l’autenticità della nostra carità a livello personale, ma soprattutto comunitario:
"La verifica della vita: all’ultima cena è seguita la croce, all’Eucarestia deve seguire l’impegno della chiesa a testimoniare visibilmente nelle opere il mistero di amore che accoglie nella fede. La chiesa è chiamata a modellarsi sulle caratteristiche che qualificano la carità stessa di Dio. La carità prima di definire "l’agire" della chiesa, ne definisce "l’essere". Ogni pratico distacco o incoerenza fra parola, sacramento e testimonianza della carità, impoverisce e rischia di deturpare il volto dell'amore di Cristo. La carità di Cristo porta il cristiano:
- ad assumere responsabilità nei confronti del mondo in tutti i suoi aspetti (cultura, economia, politica);
- e ad accogliere i poveri e i diseredati".
 
Riconoscimento della Caritas e del suo ruolo pastorale nella chiesa locale
 
E Il documento "riconosce" la Caritas nella sua natura di organismo pastorale e nelle sue finalità”. Essa:
- è un organismo pastorale con compito di animazione e di promozione della testimonianza della carità, nell’ambito della pastorale organica (rapporto con gli organismi per la catechesi e la liturgia e con gli altri ambiti della pastorale);
- ha un ruolo di coordinamento, particolarmente ribadito a proposito delle Caritas diocesane, che consiste non solo nell’unire le varie espressioni di testimonianza della carità, ma anche nell'incoraggiarle e sostenerle".
Essa ha perciò un ruolo impegnativo e multiforme che richiede tempo, determinazione, energie e preparazione (idee chiare). Possono, in proposito. bastare alcuni cenni.
- La Caritas é chiamata in causa soprattutto nel suo ruolo "prevalentemente pedagogico" - che non significa fornire solo cultura, ma assicurare una crescita di coscienza realizzata attraverso la testimonianza", cioè attraverso la pedagogia dei fatti, e attraverso gli itinerari educativi (comprensivi delle tre vie: catechesi, liturgia, testimonianza) nell’ottica della pastorale organica.
Essa deve far comprendere la necessita di:
- applicare il rapporto tra carità e giustizia a situazioni concrete (anziani, ammalati, cronici, handicappati, ecc.) facendo un’analisi ed una verifica e individuando risposte  accessibili a persone, famiglie, gruppi di volontariato;
- elencare i "diritti negati" alle diverse categorie di poveri, individuando le azioni possibili per una loro difesa e le forze da attivare a questo scopo;
- identificare nel concreto, in rapporto alle persone più deboli, le conseguenze dell’eccesso di burocrazia, del legalismo e dell‘anonimato, individuando strade per un loro superamento;
Di conseguenza:
- i cristiani e la stessa comunità, in forme diverse, devono farsi carico di una presenza attiva sul territorio, per assicurarsi che i poveri possano effettivamente accedere ai servizi cui hanno diritto e che i servizi funzionino  per tutti:
- l’aiuto promozionale ai poveri, al di la dell‘impegno solidale vissuto in prima persona (gratuità, condivisione, volontariato, ecc.)
- esige anche un cambiamento di costumi, di strutture e di stili di vita, ivi compresa "una più equa distribuzione del reddito" ed un uso dei beni, più comunitario, incominciando almeno ad evitare gli sprechi, compresi quelli che si compiono in occasione della celebrazione dei sacramenti e delle feste religiose ( per esempio, per il Natale 1990/Capodanno 1991 gli italiani spesero ben 7 mila miliardi in regali);
- le stesse prestazioni professionali debbono essere svolte con spirito di servizio e talvolta, se necessario,  gratuitamente.
 
Le tre vie per annunciare e testimoniare la carità
 
Occorre fare delle scelte pastorali, secondo criteri di priorità che i Vescovi hanno concretizzato in 3 vie proposte all’impegno delle chiese locali:
A) I giovani: "che vivono ed esperimentano con intensità, tutta particolare, le contraddizioni e le potenzialità del nostro tempo" e le attese degli uomini di oggi. Alla comunità cristiana é affidato il compito di ascoltare, di "capire" i giovani, di educarli coinvolgendoli in un rinnovato progetto di convivenza umana, che passa attraverso l’assunzione personale di responsabilità nella scelta di vita (vocazione), della professione, dell’ impegno sociale e politico, aiutando in particolare la famiglia nella azione educativa verso di essi. L‘impegno della Caritas trova qui uno spazio privilegiato:
1) dentro la pastorale giovanile  e contribuendo a promuoverla nella diocesi;
2) offrendo ai giovani proposte forti di servizio e di condivisione (es.: nelle scuole, nelle associazioni e nella catechesi). quali:
- il volontariato in generale
- l’Anno di volontariato sociale
- l’obiezione di coscienza e il servizio civile
- la famiglia aperta alla solidarietà.
3) facendosi presente a livello di scelte professionali dei giovani, proponendo, a partire da una analisi dei bisogni più scoperti nel campo socio-assistenziale e socio-sanitario, orientamenti precisi verso i servizi ai più poveri.
B) La scelta preferenziale dei poveri, come scelta cristologica, quale "esigenza intrinseca del Vangelo della carità e criterio di discernimento pastorale nella prassi della chiesa". Oltre al concreto servizio comunitario ai poveri, che la "scelta" comporta, va sottolineato che la pastorale è chiamata ad adottare come proprio criterio generale, "il ripartire dagli ultimi", ripensando i programmi in questa ottica, perché la vita pastorale nella comunità sia impostata a partire dalle esigenze dei più poveri, per raggiungere tutti. La scelta preferenziale dei poveri esige alcune attenzioni:
- tener viva la conoscenza aggiornata delle povertà, antiche e nuove, vicine e lontane, facendole diventare oggetto di riflessione sia nei consigli pastorali, sia nelle assemblee della comunità;
- documentare la permanenza delle gravi sperequazioni sociali, aiutando la comunità cristiana a diventare coscienza critica di fronte alla società civile, per stimolarla a rimuovere le cause delle ingiustizie;
- diffondere, attraverso una attenta e capillare azione di sensibilizzazione, il costume della responsabilizzazione personale  di fronte ai bisogni, superando il rischio della delega.
C) La presenza responsabile dei cristiani nel sociale e nel politico. I cristiani, in particolare, debbono vivere l’impegno socio-politico come vocazione e come servizio al prossimo, contrastando la logica del potere fine a se stesso e finalizzato unicamente alla ricerca del consenso. Il problema dei poveri li deve trovare particolarmente sensibili sia per l’ispirazione cristiana che li dovrebbe guidare e sia perché il problema poveri è anzitutto un problema politico.
 
Essere fermento di verità e di carità
 
Il Vangelo é fermento. I cristiani non possono limitarsi a praticarlo per se stessi, ma  occorre che si impegnino ad immettere nella cultura criteri di giudizio, valori, linee di pensiero e modelli di vita ispirati alla solidarietà e alla carità evangelica, in modo che questi trasformino dal di dentro e riescano a permeare di sé la vita dell’uomo di oggi e la sua civiltà. Si tratta di annunciare la novità evangelica con la parola e con la testimonianza concreta di opere ispirate all’amore, ma anche di far lievitare e sviluppare i "semina Verbi", di valorizzare cioè quegli aspetti positivi - non pochi - che ci sono anche nella cultura attuale, consapevoli che la società umana nel suo insieme é il campo in cui Dio opera. Lo ricorda l’apostolo Paolo: "Un solo Dio, Padre di tutti, che e al di sopra di tutti. agisce per mezzo di tutti ed é presente in tutti" (Efesini 4,32), e S. Tommaso d'Aquino quando afferma: "Veritas a quocumque dicatur a Spiriru sancto est" ("La Verità da chiunque affermata viene dallo Spirito Santo"). A questo proposito Giovanni Paolo II scriveva: "L’atteggiamento missionario inizia sempre con un sentimento di profonda stima di fronte a ciò che "c’é in ogni uomo" (Gv 2,25), per ciò che egli stesso, nell’intimo del suo spirito, ha elaborato riguardo ai problemi più profondi e più importanti; si tratta di rispettare  ciò che in lui ha operato lo Spirito che "soffia dove vuole" (Gv 3,8). La missione non é mai una distruzione, ma una riassunzione di valori e una nuova costruzione”. Allora, la testimonianza della carità avrà portato il suo miglior frutto, quello cioè di far riscoprire agli uomini, a qualunque razza, fede, cultura appartengano, che solo l’amore vicendevole e la solidarietà sono la risposta adeguata ai problemi sociali e soprattutto l’unica degna dell'uomo.
 
Una consegna: le chiese locali verso un cammino di comunione
 
I Vescovi così concludono il  documento: "Chiediamo che il frutto delle riflessioni, delle esperienze e delle opere del Vangelo della carità rifluisca dalle varie diocesi e realtà ecclesiali verso il centro, perché siano possibili un arricchimento reciproco tra le nostre chiese e una verifica del cammino compiuto. Per le nostre comunità il cantiere é aperto: tutti sono chiamati al lavoro, secondo l’indicazione dell’apostolo Paolo: "Vivendo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di Lui, che é il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità”.

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