Comunicazione: Il Progetto Culturale e i Centri Culturali Cattolici
Mons. Luciano Baronio
Responsabile del Coordinamento Regionale dei Centri Culturali Cattolici e Referente per il Progetto Culturale della CEI
Anzitutto il mio saluto cordiale a tutti, in particolare a S.E. Mons. Coccopalmerio, al quale desidero porgere, anche in questa occasione, le più vive felicitazioni per il nuovo importante compito che il S.Padre Gli ha affidato a servizio della Santa Sede ed augurarGli un fecondo ministero; a mons. Giovanni Balconi responsabile del coordinamento diocesano dei Centri culturali cattolici.
Il tema che mi è stato affidato è inerente non solo alle finalità del Coordinamento regionale dei CCC che la CEL ha voluto costituire – primo in Italia – quale Referente del Progetto culturale della CEI , cui è strettamente legato, ma interessa i Centri culturali Cattolici, quali strumenti di mediazione e di attuazione del Progetto stesso.
I – Il PROGETTO CULTURALE
Ha ormai ha dodici anni – è nato dall’humus e dalle riflessioni emerse dal Convegno ecclesiale di Palermo ( 1995) a metà degli anni 90 dedicati a “Evangelizzazione e testimonianza della carità”, riproposto poi alle chiese locali con il documento “ Con il dono della carità dentro la storia”: due realtà che non possono essere disgiunte.
Qui nasce e si inserisce l’attenzione al tema della cultura, già presente nella Costituzione Gaudium et spes del Concilio Vaticano II° ( GS . II parte – cap.II°“ La promozione della cultura” nn. 53 – 62 ).
E’ dopo il Convegno di Palermo, in un clima ecclesiale, sempre più attento alla evangelizzazione e ai mutamenti profondi della società che i Vescovi danno vita a questa iniziativa pastorale, che ha il carattere della novità in quanto mette l’accento in modo deciso sul rapporto tra fede e cultura.
a) Fede e cultura
La cultura è un sistema – un insieme organico e armonico - di significati,di atteggiamenti e di valori, unitamente alle forme simboliche in cui essi si esprimono e si traducono, a cominciare dal linguaggio. La cultura cristiana è un modo di pensare e di vivere che ha la sua sorgente ispiratrice e “normativa” nel vangelo.
Il rapporto tra fede e cultura è antico quanto il cristianesimo perché è nato con esso.
Il vangelo, in questo senso, fin dall’inizio, ha generato cultura. Ha generato una cultura, quella cristiana, che ha attraversato i secoli e che ha dato vita ad una civiltà, con caratteristiche ben precise, che la differenziano da altre, con un pensiero organico e forte.
La parola “progetto”, vuole indicare qualcosa di completo, di unitario, e nello stesso tempo di complesso nelle sue varie dimensioni.
Un modo di pensare che induce al confronto e che si fa misura di un cambiamento, di qualcosa di nuovo, rispetto a ciò che esiste, non prima pensato, né udito.
Si tratta anche oggi di evidenziare e sviluppare le conseguenze culturali della fede: che si traducono in teologia, in antropologia, in morale, in diritto, in estetica.
Il sapere è la misura del cambiamento. Senza di esso tutto si riduce al consumo e all’evasione del divertimento.
Ecco il perché, da sempre, accanto al vangelo sono nati i libri della comunità – la “Didachè”, la “ Lettera di Barnaba” , la “Prima apologia” di Giustino” e altri - e poi i catechismi quale esposizione organica dei contenuti della fede.
Dunque il cristiano non solo possiede la fede ricevuta in dono ma ha – deve avere - anche un pensiero che la tradizione gli ha trasmesso, come una realtà viva, da ricevere e da sviluppare.
E’ una generazione che continua nella vita di ciascuno e nelle comunità.
Il cristiano è un “cuore” che crede ed una testa che pensa.
Se prevale la pigrizia intellettuale – che non vuole affrontare i problemi che la vita ed il dibattito culturale pongono davanti - la fede viene mortificata nelle sue potenzialità e nella sua creatività.
Se i cristiani sono assenti, lo sono con gravissimo danno proprio e della società civile, cui viene a mancare un apporto culturale ispirato al vangelo, con inevitabile impoverimento delle coscienze e della pubblica opinione, il cui peso e la cui “pressione” diventano sempre determinanti negli orientamenti e nelle scelte di carattere etico della nostra società ritmata dalla logica multimediale, ormai a livello planetario.
Così – secondo l’espressione di Benedetto XVI° - “la piccola navicella del pensiero di molti cristiani è in balia del vento e delle onde”.
b) In difesa della ragione
E’ così importante quello che abbiamo affermato che per il cristiano è un dovere e un bisogno primario stimare e difendere la ragione, in se stessa, e in rapporto alla fede non essendo questa un consegnarsi cieco alla “superstizione” o a credenze, ma un atto pienamente umano che ha nell’intelligenza e nella volontà i suoi elementi indispensabili.
Se la ragione è in crisi, se non è onorata, ma denigrata e vilipesa, non è che ne guadagna la fede. Al contrario!
La “residua” capacità che è riconosciuta alla ragione è spesso usata per deprimerla e negarla, dichiarandola incapace di conoscere la verità. E in modo incoerente, vi si appella per contrapporla alla fede, considerata indegna dell’uomo progredito.
La ragione è fatta per conoscere, per cercare la verità . “L’ anima che non ha mai contemplato la verità non potrà mai giungere alla forma di uomo “ ( Fedro di Platone).
Oggi non si vuole accettare la verità: forse perché non tutti possono portarne il “peso”.
Pur essendo consapevoli dei limiti della ragione, - già Dante diceva : “ La ragione ha corte l’ali” - non dobbiamo cessare di difenderne la dignità e la capacità.. La ragione è sì solo una tenue fiammella nella notte, ma proprio per questo non è il caso di soffiarci sopra, perché allora l’uomo rimane al buio più completo.
Fede e ragione alleate in un rapporto di reciprocità che dà a ciascuna ciò che le spetta. Una ragione che ha dinanzi una fede forte è provocata a puntare in alto lo sguardo alle realtà trascendenti, cosi che“alla parrhesia della fede corrisponda l’audacia della ragione” ( Fides et ratio, n.48).
In conclusione : “Che Dio oggi non appaia più a molti raggiungibile con la ragione, non dipende dalla irrazionalità della fede, ma dal restringimento della nostra ragione” ( Benedetto XVI°).
c) La crisi della fede
Non possiamo, nello stesso tempo, nascondere la crisi della fede. Esiste, è molto profonda ed estesa. La fede, per la verità, non è mai stata facile, anche quando sembrava vivere la migliore stagione. Già Dostoevskij affermava: “ C’è molto desiderio di credere ma è difficile credere!”
Il campo di battaglia decisivo è il cuore dell’uomo che sempre oscilla tra fede e incredulità. Lo è anche la storia del popolo di Dio segnata, in ogni epoca, da questa alternanza. Infatti sorgono sempre nuove obiezioni, nuovi interrogativi, nuovi dubbi. E la stabilità va ogni volta riconquistata.
La contemporaneità è sfociata nell’agnosticismo e nell’ateismo come fatto culturale di massa e nella secolarizzazione come visione generale delle cose, per la quale tutto si spiega – anzi si deve spiegare - anche il mondo, già nella sua origine, senza ricorrere alla ipotesi di Dio.
Questa ” rottura tra fede e visione del mondo, tra fede e cultura è il dramma della nostra epoca ( Paolo VI°). Occorre perciò “tener viva la preoccupazione per la distanza che esiste tra la fede cristiana e la mentalità moderna e contemporanea” ( Card. Tettamanzi a Verona).
E tentare una risposta, sul piano culturale, il più possibile pari alla sfida. Appunto un “ Progetto” orientato in senso cristiano, consapevoli che è la cultura trascina la vita sociale.
“ Diventa di nuovo possibile – ha affermato Benedetto XVI° al Convegno ecclesiale di Verona – allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro teologia, filosofia e scienze, nel rispetto dei loro metodi propri, ma nella consapevolezza della intrinseca unità che le tiene insieme. E’ questo un compito che sta davanti a noi (…) per dare nuovo slancio alla cultura e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza. Il Progetto culturale della chiesa in Italia è senza dubbio, a tal fine, un’intuizione felice e un contributo assai importante “del nostro tempo.”
“ Non potrebbe incominciare da qui una specie di seconda fase del progetto culturale – affermava il card. Tettamanzi nella sua prolusione al Convegno - una fase che rimetta al centro la persona umana con il suo bisogno vitale e insopprimibile, appunto di speranza, come rilevava in modo incisivo S. Ambrogio dicendo che “ non può essere vero uomo se non colui che spera in Dio “ ( De Isaac vel anima, I,1) . L’azione spirituale-pastorale-culturale della chiesa potrebbe così strutturarsi in riferimento alla centralità della persona”.
Tutto questo per la “nascita di un nuovo umanesimo” ( Gaudium et spes, 55).
La pastorale ha bisogno per nutrirsi e rinnovarsi …del rapporto con questa visione della cultura.
II - Il DIBATTITO CULTURALE
Coerentemente dobbiamo immergerci nel dibattito culturale odierno, così complesso, difficile e spinoso. Essere assenti vorrebbe dire venir meno al compito di essere “ luce e sale”.
Il dibattito mette a duro confronto una diversa concezione dell’uomo – una diversa antropologia – e mette in discussione anche le basi su cui si fonda la fede : dalla storicità dei Vangeli e della figura di Cristo, dai contenuti della fede e della morale che ne discende, contraddetti e talvolta derisi con argomenti rivestiti di “scientificità” che vorrebbero richiamarsi alla storia, alle scienze e a sensazionali scoperte letterarie e archeologiche riguardanti le origini del cristianesimo.
a) Il contesto è profondamente cambiato
Dobbiamo renderci conto e prendere atto che viviamo in una nuova situazione: la globalizzazione, investe tutte le dimensioni della vita mediante una comunicazione rapidissima, estesa ormai a tutto il globo, con un accesso alle fonti, una volta privilegio di pochi, assolutamente nuovo e con una rilettura ed una interpretazione contrastanti anche sulle verità fondamentali, finora ampiamente condivise.
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Tale rivisitazione della storia – così la possiamo chiamare - avviene poche volte. Ha luogo nei momenti di cambiamento epocale, nei rivolgimenti culturali profondi, come l’attuale. Sta avvenendo per la storia civile (la resistenza, la seconda guerra, l’olocausto, il nazismo, il comunismo, il fascismo, i genocidi (negati: quello degli Armeni) ecc.
Questo fenomeno investe anche il versante religioso in tutta la sua ampiezza. Ci si pongono domande – anche provocatoriamente - sull’ origine del cristianesimo, sul valore della Bibbia, sulla sua origine divina, sulla sua storicità, sulla figura di Cristo ( vero uomo e vero Dio; il Cristo della fede e il Cristo della storia), sulla chiesa, sulle radici cristiane della nostra civiltà, sul valore dei vangeli canonici e di quelli apocrifi , sulle eresie ( la gnosi, i catarismo, il manicheismo, ecc. ) sulle crociate, sull’inquisizione, sulla fine dell’impero romano e la responsabilità del cristianesimo nella sua caduta, ecc . Sull’opera di evangelizzazione dei popoli:quanto legittima, quanto violenta, quanto benefica? Si dibatte sul rapporto con le altre religioni, sul loro valore oggettivo.
Tutto va rivisto in modo critico per scoprire la verità di quanto e su quanto è avvenuto.
Obiettivo: allontanare dall’uomo contemporaneo la figura di Cristo, come l’abbiamo conosciuto e soprattutto allontanarlo dalla chiesa, quale realtà “diversa” da Lui, provocando una situazione drammatica per la fede.
Ritorna la logica e la strategia dei maestri del sospetto: Marx , Freud, Nietzsche
Vi sono ideologie rinascenti che in modo “nuovo” vogliono riproporre i vecchi miti: la classe, la razza, l’etnia, il progresso, l’individualismo, il soggettivismo, l’anarchia (senza legge) il relativismo, nichilismo, ecc.
Claudio Magris afferma: “C’è un’ondata irrazionalista e la scienza è supponente: la fede come anti-idolatrica può fare molto” (Magris, in “La storia non è finita. Etica, politica e laicità”)
b) Il giornale: una finestra sul mondo
Dio parla anche attraverso gli avvenimenti. La storia è un moto senza fine: gli avvenimenti si susseguono, i problemi cambiano. La riflessione e lo studio sono sempre più necessari!
Bisogna conoscere cosa si muove, cosa si dice e quale strategia è in atto, in particolare sui temi riguardanti la fede. Il Centro culturale deve svolgere la funzione di “ osservatorio permanente” che guarda con particolare attenzione ai mass-media e fa una valutazione-recensione dei programmi televisivi, soprattutto delle rubriche dove si promuovono e si svolgono dibattiti su “temi sensibili”, come si usa dire, delle pubblicazioni che fanno “notizia”. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Basta citare alcuni titoli: Il “trattato di ateologia” di Onfray ; e “ la successiva “Controstoria della filosofia”, il “Matematico impertinente - perché non possiamo essere cristiani e meno che mai cattolici “ di Piergiorgio Odifreddi; “ “Babbo natale e Gesù adulto. In che cosa crede chi crede?” di M. Ferraris ; “Il codice da Vinci” di Dan Brawn ; “L’inchiesta su Gesù “ di Augias e Pesce ( all’apice delle classifiche nelle vendite ) ; “ La storia criminale della chiesa” del tedesco K.H. Dreschner; “La fine della fede” di Sam Harris , “Il Vangelo di Giuda”, ecc.
Interessa anche l’ambito cinematografico. Qualche esempio: “ Il Codice da Vinci” “ In memoria di me” di Costanzo, “Cento chiodi” di E. Olmi, “L’ultimo inquisitore”, “La tomba nascosta di Cristo”, “ La grande invenzione” ecc.
E il mondo del teatro: “Io santo , tu beato” (una parodia dissacrante); “Mi cercarono l’anima a forza di botte” ( processo dell’inquisizione ), ecc.
Si può affermare giustamente con le parole di Benedetto XVI° che è in atto “ un sistematico dileggio culturale” nei riguardi del cristianesimo, che non possiamo ignorare.
Il contesto attuale ci offre delle opportunità di intervenire in una clima di grande attenzione verso i problemi che di volta in volta accendono l’opinione pubblica. Sono “occasione per un’opera capillare di catechesi e prima ancora di informazione storica, usufruendo delle attuali tecniche e e metodologie di comunicazione”( card. Ruini al Convegno di Verona)
III – L’ ESTENSIONE TERRITORIALE DEL PROGETTO CULTURALE
La seconda fase del PC si propone di estenderlo a livello territoriale onde possa coinvolgere tutte le comunità. E’ mediante la presenza e l’azione dei CCC che si può realizzare l’ obiettivo di arrivare a tutte le comunità, alle culture e alle persone che abitano il territorio, considerate nella loro condizione e nelle loro esigenze. Da questo punto di vista il territorio va inteso non principalmente come luogo geografico, ma come luogo culturale e luogo di relazioni.
Pastoralmente questo rapporto va letto in chiave missionaria. La missione spinge ad arrivare a tutti i “ soggetti” e ad abbracciare tutti i problemi.
Il primo mondo al quale la comunità cristiana è mandata è il territorio di appartenenza, che bisogna conoscere in tutti gli elementi che lo compongono: gli abitanti, le culture, le istituzioni, i servizi sociali, l’economia, la politica, l’ambiente, il lavoro.
Testimoniare la fede, in modo missionario, vuol dire annunciarla negli ambienti di vita,soprattutto là dove la si vuol escludere.
La sua destinazione popolare
Si punta a giungere al popolo, alla gente. La destinazione popolare del progetto culturale la si attua se si parte dalla convinzione che la cultura è l’anima di un popolo, è ciò che più gli appartiene. La cultura ha livelli diversi: vi è quello accademico e quello popolare, che hanno linguaggi e destinatari diversi, ma uguali contenuti. Quando il sapere scenda dalla cattedra, non perde sestesso, ma si arricchisce, comunicandosi.
I CCC non sono di natura accademica ma popolare: intendono facilitare il passaggio della cultura accademica al popolo: contenuti uguali con linguaggio diverso, accessibile. Con iniziative culturali adatte ai destinatari. Comunicare con la gente e confrontarsi con essa giova anche alle istituzioni accademiche, talvolta eccessivamente lontane e assenti dalla vita reale. Un’educazione popolare qualificata giova a tutti.
Ciò riguarda tutto il popolo di Dio nelle varie componenti e articolazioni, ministeri e carismi. Popolo composto di soggetti credenti e pensanti, dove nessuno è esente dal compito che la chiesa ci affida in ordine all’evangelizzazione.
Tenendo presente che chi non conosce svende, anche la propria fede, per ignoranza. Per cui il popolo è anche il primo destinatario di una azione formativa che gli consenta di prendere coscienza del ricchissimo patrimonio , generato e ispirato dalla fede, la sua storia gli ha consegnato.
Si può vivere quotidianamente immersi in grandi “Valori”, senza apprezzarne adeguatamente la grazia. Questo pone un problema di “trasmissione” – la “traditio” – all’interno della comunità, soprattutto nella catechesi, che riguarda non solo il messaggio ma anche il costume di vita che ne deriva..
“ Che dire di uno che dopo aver nuotato per ore ed ore nelle onde del mare, dovesse affermare:”Non ho visto l’acqua”, oggi si nuota nella vita e si dice:”Non so che cosa essa sia e quale sia il suo valore” ( Mons. G. Balconi al convegno CCC , il 15 – 10 – 2005)
IV - I CENTRI CULTURALI CATTOLICI : UNO STRUMENTO INDISPENSABILE
Il Centro culturale è uno strumento pastorale “nuovo” che vuole contribuire a rispondere, per la sua parte, alle nuove sfide culturali e pastorali in atto nella nostra società.
Esso è costituito da un gruppo di persone che in modo continuativo ed organico – cioè guardando alle varie dimensioni della cultura o privilegiandone alcune - si impegnano a riflettere sui problemi oggi emergenti per comprenderne il senso e per offrire il proprio contributo di pensiero a vantaggio anzitutto della comunità cristiana e della sua pastorale e poi della società civile.
E’ uno strumento, se inteso e valorizzato in modo nuovo, dove il rapporto fede-cultura viene promosso mediante il dialogo ed il confronto tra persone e istituzioni diverse, presenti sul territorio, compreso il mondo accademico al quale va rivolta particolare attenzione, valorizzandone le competenze a vantaggio della qualità del dibattito e a beneficio di tutta la popolazione. Diventa importante promuovere incontri, dibattiti nelle sedi e nelle occasioni più diverse.
Il Centro Culturale valorizza il patrimonio della cultura cristiana del passato - patrimonio culturale immenso valore; una “biblioteca” di duemila anni! - che dà il senso della solidità, della continuità ed della ricchezza del pensiero che ha attraversato i secoli.
Riferirsi al passato è come ritrovare l’oggi nelle parole di ieri. A questo proposito Benedetto XVI° afferma:” Occorre ascoltare e studiare anche quelli che prima di noi hanno ascoltato la parola di Dio, per imparare da loro e così leggere la bibbia in questa lunga e ricca tradizione” ( Omelia a chiusura della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, 25 gennaio 2007).
Il Centro Culturale cattolico – data la natura e le finalità che si propone - dovrebbe essere una struttura ( un organismo) normale delle parrocchie, anche riunite ( Unità pastorali) , perché possano svolgere il ministero dell’annuncio – attraverso la via culturale, che è diversa dalla catechesi , che ha finalità confessionali e metodi propri – e dare impulso alla nuova evangelizzazione, che non va solo proclamata, ma attuata, sperimentandone vie nuove. Perciò come in ogni parrocchia c’è un oratorio così si deve puntare ad avere il Centro culturale, come mezzo indispensabile alla pastorale delle chiese locali. E’ una esigenza avvertita ovunque nella chiesa. Infatti i Centri culturali cattolici, si sono diffusi in tutti i continenti, perchè ritenuti sempre più necessari per far fronte, in una società caratterizzata da un pluralismo culturale e religioso crescente, ai problemi nuovi e aprire prospettive nuove all’azione pastorale della chiesa.
Siccome il CCC compie la sua azione attraverso la cultura, è fondamentale la formazione degli operatori culturali la cui competenza e la cui capacità di confronto sono indispensabili, mentre “ si prende il largo” nel vasto mondo delle “opinioni” e del pensiero.
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Vale come regola e come metodo quanto Agostino scrive di sé: nel De Trinitate:”Dirigendo la mia attenzione verso questa regola di fede, per quanto ho potuto, per quanto mi hai concesso, ti ho cercato e ho desiderato di vedere con l’intelligenza ciò che ho creduto: ho molto disputato e molto faticato” (De Trinitare, libro XV°, cap.28,51).
V – UN METODO: LAVORARE INSIEME
Lavorare insieme non è solo questione di metodo, è sentirsi “chiesa” cioè indispensabili gli uni agli altri. E’ un dovere morale, perché insieme si fa meglio e con maggior efficacia. Dunque non si chiede il coordinamento per il coordinamento, ma si chiede di creare sinergia, moltiplicare capacità e risorse, convinti, per esperienza, che da soli non si arriva da nessuna parte. Tanti piccoli paesi non fanno una città!
Nessuno perde la propria identità, né la propria giusta autonomia, che sono necessarie, se ben intese, a creare coralità e ad arricchirci reciprocamente.
La rilevazione in atto, mediante “la SCHEDA ANAGRAFICA” punta alla conoscenza reciproca non solo delle persone, ma delle attività e permette alla CEL di valorizzare al meglio la numerosa presenza del CCC che merita, nell’insieme, un maggior peso anche difronte alle Istituzioni civili e culturali della nostra Regione.
La rilevazione facilita una comunicazione tempestiva tra i vari Centri, per una azione coordinata, oggi indispensabile in una società nella quale i rapporti vicendevoli sono, in ogni ambito di vita e di attività, sempre più necessari e, d’altronde, resi sempre più facili, grazie alle nuove tecnologie.
Nel prossimo anno pastorale, per un ulteriore passo avanti, prevediamo un Convegno regionale dei CCC di cui si darà notizia a tempo debito.
Grazie del vostro ascolto, della vostra attenzione, in una mattinata così densa, e soprattutto grazie della vostra collaborazione nei Centri culturali. Il Signore ci assista con la sua luce e la sua forza.
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