A proposito di elezioni
La presente riflessione non essendo finalizzata a scopi elettorali ma a considerazioni di carattere generale, mantiene la sua giustificazione ed il suo valore oltre la competizione elettorale.
Richiesto da molti, sono stato incerto se dire una parola sulle prossime elezioni alle quali siamo chiamati. Poi ho pensato: quella di un sacerdote non può essere una parola che si accompagni alle molte che si sentono e che arrivano abbondantemente nelle nostre case; dovrà nascere da un dovere pastorale e perciò con uno spirito ed una finalità diversa dalle altre, con le quali, in nessun modo vuole entrare in competizione. E certamente più facile e più comodo tacere, in simili circostanze, più difficile parlare, perché il "clima" di questi appuntamenti, come si sa, é del tutto particolare. Per questo intervenire può rivestire il significato di un vero atto di " coraggio". Parlare però può giovare allo scopo di chiarire il pensiero della chiesa più volte espresso in occasioni simili, che sempre rivestono una importanza particolare nella vita di una nazione.
• Quanto qui é detto non é né una opinione personale ne cosa del tutto nuova. Infatti il Concilio Vaticano ll nel documento "La chiesa, nel mondo contemporaneo" (1965) al n. 42, ritenuto fondamentale, afferma: "La missione propria che Cristo ha affidato alla sua chiesa non é di ordine politico, economico o sociale; il fine infatti che le é stato dato é di ordine religioso. Per cui la forza che la chiesa riesce ad immettere nella società consiste nella fede e nella carità, non nell'esercitare con mezzi puramente umani un qualche dominio esteriore". Affermazione ripresa più volte da Giovanni Paolo Il e da Benedetto XVI° alla quale però é congiunto l'invito ad affermare il ruolo pubblico del cristianesimo.
• L'azione politica ispirata cristianamente nei suoi contenuti e nei suoi programmi è sotto la diretta responsabilità dei laici cristiani come cittadini, cui compete - mediante la conoscenza della dottrina sociale della chiesa e dei problemi della società di oggi messi a confronto - l’elaborazione di quella mediazione culturale che si traduce in progetti concreti, che rispondono alle esigenze del bene comune della società. Ciò difende e promuove la laicità della politica, quale valore da salvaguardare perché ne rispetta la natura, l’ambito di competenza e non confonde ruoli e responsabilità.
• Per quanto riguarda i sacerdoti, giova ricordare quanto é scritto in un documento, tuttora attuale, della S. Sede sul ministero del Presbitero (1999), nel quale si afferma: "Il sacerdote deve porre attenzione di non intromettersi in questioni temporali, quali l’ordine socio-politico, lasciato da Dio alla libera disposizione degli uomini che certo debbono obbedire alla propria coscienza, secondo il criterio della verità e della giustizia. E sebbene il sacerdote possa godere di prestigio presso i fedeli e quanto mai necessario che egli si ricordi che tale prestigio va vissuto umilmente e messo al servizio della salvezza delle anime". Ciò esclude la logica perversa degli appoggi reciproci in vista dei vantaggi da dividere.
• Viviamo tempi difficili, culturalmente poveri, soprattutto nell’ambito politico, dove prevale non il confronto sulle idee ma la rissa, la logica della divisione e della contrapposizione su ogni cosa. Gli italiani si augurano (e chi non lo sa?) che la politica riacquisti quella dignità, anche di linguaggio e di comportamento che le sono propri, onde essa sia quel che deve essere.
Dunque va perseguita non una politica per averne un tornaconto personale o di parte, ma per affermare il riconoscimento del ruolo politico della società civile e dei singoli cittadini che la nostra Costituzione riconosce.
Chi riceverà l'investitura dal popolo sarà legittimato dal voto a rappresentare, a livello europeo, il nostro Paese. C'è da augurarsi che prevalga nei cittadini che sono chiamati a votare, la visione del bene comune da promuovere, al di là della logica delle appertenze sulla quale contano i partiti.
La campagna elettorale in corso offre, per alcuni aspetti, uno spettacolo "indecente", soprattutto perché nasconde le finalità proprie delle elezioni europee, ne tace l'importanza e i limiti e si è trasformata, cammin facendo, in un "referendum" pro o contro questo o quel partito e il rispettivo leader, per trarne poi, in modo illegittimo, delle conseguenze sull'assetto politico interno al nostro Paese. Confonde i giochi e rischia di far deragliare il treno sul quale stiamo viaggiando.
Siamo chiamati a votare sull'Unione Europea, che deve fondarsi sui rapporti di parità tra gli Stati membri e guardare ai gravi problemi comuni che ne appesantiscono il cammino, quali la difficile convivenza tra etnie, culture e religioni diverse, il problema, sempre più drammatico, dell'immigrazione, il problema dei milioni di poveri che la abitano, la crisi economica, tutt'altro che superata, e la mancanza del lavoro. E' su questi temi che si misura a quale Europa guarda il cittadino che vota, il quale deve avere le necessarie informazioni da parte di coloro che chiedono il suo consenso, per potersi orientare, mettendo a confronto il progetto originario dei padri fondatori, quali De Gasperi, Schuman e Adenauer, con la situazione attuale che ha fatto crescere a dismisura la folla degli euroscettici e delle forze politiche che li sostengono e che intendono usarli a proprio vantaggio.
La tentazione di non votare va respinta, perché comporta il non esercizio di voto, rinunciando a scegliere i rappresentanti più idonei al rinnovamento e costituisce una grave mancanza di senso di responsabilità che poi toglie valore e legittimità alle facili recriminazioni del dopo-voto.
Un'Europa ulteriormente indebolita nella sua identità e nel consenso, sarebbe una sciagura per i popoli che la compongono e un grave fattore di squilibrio sul piano internazionale, soprattutto per la salvaguardia della pace, continuamente minacciata.
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