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CHIESA LOCALE E TEMPI DELLO SPIRITO
Seminario di approfondimento
Tempi dello Spirito e formazione alla carità
di Luciano Baronio
 
Premessa
Dei quattro seminari di approfondimento che hanno come tema:
- tempi dello Spirito e formazione alla maturità integrale
- tempi dello Spirito e formazione all'amore umano
- tempi dello Spirito e formazione alla preghiera
il nostro “Tempi dello Spirito e formazione alla carità” sta "a conclusione“  ma perché fa sintesi: "La carità riassume in sé la legge ed i profeti". Deve essere l'anima che attraversa tutte le dimensioni della vita cristiana. "Parlare della carità significa toccare le radici profonde dell'uomo e al tempo stesso attingere al cuore della fede e della vita cristiana" (Giovanni Paolo II). Ed è metodo: "la missione della Chiesa ha una sola origine, un solo contenuto, un unico fine: la proclamazione del Vangelo. Ed una sola anima la carità" (Chiesa in Italia dopo Loreto, 32). Ed ancora: "la comunione rimanda come suprema istanza e come metodo alla carità“ (Comunione e comunità, 4c).
 
Il piano pastorale
 
Il piano pastorale "Evangelizzazione e testimonianza della carità", chiede a tutti i componenti la comunità cristiana, ma in particolare a coloro che hanno il compito di annunciare il Vangelo e di formare le coscienze, di riflettere più degli altri sul rapporto esistente tra evangelizzazione, catechesi e testimonianza della carità.
Già S. Ignazio di Antiochia, nella sua lettera ai Romani, affermava: "la fede è il principio, la carità è il compimento". Ciò a cui tende di sua natura la catechesi è "portare il cristiano e la comunità alla maturità della fede" e ad iniziarli alla "concreta testimonianza della carità" (Il rinnovamento della catechesi, 30).
In altre parole, il prodotto finito della pastorale dovrebbe essere il cristiano e la comunità che amano Dio e il prossimo, che tendono cioè alla santità vivendo il grande comandamento dell'amore che riassume in sé “tutta la legge ed i profeti".
Ce lo ricorda S. Paolo nella lettera ai Romani: "Fratelli, non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole, perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti, il precetto non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: “amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa alcun male al prossimo: pieno compimento della legge é l'amore" (Romani 13,8 -10).
Commenta S. Agostino: "Se viene a mancare la carità a che serve tutto il resto?“. Senza la carità, dunque, non vi è vita cristiana. Tale affermazione ha delle conseguenze enormi sul piano dell'identità, delle mete, dei contenuti e del metodo.
 
I TEMPI DELLO SPIRITO
 
I tempi dello spirito: normalmente si intendono i tempi che noi dedichiamo alle esigenze dello spirito, ma, anzitutto, sono i tempi dello Spirito (genitivo soggettivo): Egli è il protagonista. I tempi dello Spirito sono quei particolari momenti di grazia, nei quali la sua azione, proprio perché desiderata ed invocata, si fa più sensibile ed incisiva. Del resto è suo l'invito: “Vieni nel deserto e parlerò al tuo cuore" (Osea). Sono tempi, quelli dello Spirito, nei quali si debbono creare le condizioni, personali e ambientali, per attingere più abbondantemente alle sorgenti della salvezza, fare l'esperienza dell'amore di Dio: sentirsi amati perché  perdonati e reintegrati nella “comunione" con Dio e con i fratelli. Dio si manifesta nel suo essere: “Dio è amore” (1 Gv. 4,8). L’Amore colto alla sua sorgente: esperienza personale di Dio, che si rivela come colui che ama me. "In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi ed ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (1 Gv. 4,10).
 
II - LA CENTRALITA' DELL'ANNUNCIO DEL VANGELO DELLA CARITA'
 
La centralità dell'annuncio del Vangelo della carità nella vita cristiana e perciò nei tempi dello Spirito. Perché centrale è il comandamento nuovo datoci da Cristo.  Il prodotto finito della nostra azione educativa e pastorale è il cristiano che ama Dio ed il prossimo. "Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello" (1 Gv. 4,21). "La carità entra nel contenuto stesso della rivelazione di “Dio, che è amore” (1 Gv. 4,8), perciò "tutto deve essere pensato e attivato nel segno della carità" (Giovanni Paolo II, udienza 23.1.1987 ai partecipanti al Convegno" La carità come ermeneutica teologica e metodologia pastorale").
 
Al centro del Vangelo sta la carità
 
Il Vangelo è carità - Il Vangelo è carità perché il Vangelo è Cristo; “il suo contenuto è tutto e solo carità” (ETC, 14): quella di Dio che ama l'uomo e quella dell'uomo che riflette e rivela l'amore di Dio, amando Dio e i fratelli, in questo la carità dell'uomo si fa testimonianza. Va detto che la carità è quella di Dio, non ve ne sono due, la sua e la nostra. La nostra è la sua. "L'amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori mediante lo Spirito che ci è stato dato", per cui è Dio stesso che ama in noi. Perciò “la carità entra nel contenuto stesso della rivelazione di Dio che é amore" (Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al convegno "Carità come ermeneutica teologica e metodologia pastorale“ (Roma, 23 gennaio 1987).
La carità della verità - "Sull'esempio del suo maestro, la chiesa è chiamata a compiere l'annuncio del Vangelo come primo e fondamentale atto di carità verso l'uomo" (ETC, 1). D'altra parte, soprattutto oggi, mentre si manifestano largamente povertà che superano la sfera dei bisogni materiali per toccare quelli spirituali (la mancanza di senso della vita, la solitudine, il sentimento di inutilità per ciò che si è e si fa, la mancanza di rapporti umani significativi, ecc.), siamo in grado di comprendere come la prima carità sia quella della verità, cioè la carità dell’annuncio del Vangelo. “Solo la verità di Dio che è anche verità sull'uomo, rende autentica e plenaria la carità, la quale se non si radica nella Verità, rischia di appiattirsi sui meri bisogni materiali" (ETC, 9).
"All'uomo non basta amare ed essere amato, ha bisogno di sapere e di capire; ha bisogno di verità" (ETC, 10). Allora, il dilemma fra credere e non credere si configura contemporaneamente come resistenza alla rivelazione (alla verità) e come resistenza all'Amore. Perciò annunciare il Vangelo della carità significa evitare lo scoglio di annunciare una verità senza carità - una fede senza amore - ed una carità senza verità, attuando invece quanto l'apostolo Paolo dice: “Facientes veritatem in charitate" (Efesini 4,15), facitori della verità nella carità, perché "Charitas congaudet veritati" (1 Cor 13,6), “gioisce e fiorisce insieme". La carità testimoniata prepara la via all'annuncio del Vangelo, - é già annuncio della verità cristiana, il cui centro é l'amore. Infatti, ci ricordano i Vescovi: "la diaconia della carità é la migliore testimonianza da offrire al mondo e diventa l'elemento basilare per l'efficacia dell'evangelizzazione" (CC, 68).
Il Vangelo della carità non si annunzia se non attraverso la carità. L'evangelizzazione deve passare in modo privilegiato attraverso la via della carità reciproca, del dono e del servizio. . E.T.C. 32 - E.T.C. 10 "Servum te faciat charitas, quia liberum te fecit veritas" (S. Agostino): ti renda disponibile al servizio la carità, tu che sei stato reso libero dalla verità. E S. Ignazio di Antiochia: "La fede é il principio, la carità é il compimento" della vita cristiana.
- Quale carità?
Di qui la necessità di ripensare la carità. Anch'essa va evangelizzata e riscritta. Si tratta di delinearne il volto originario, che é poi quello antico, così come emerge dal Vangelo. Qui tocchiamo le radici profonde della carità, che sono in Dio, Padre, Figlio, Spirito Santo. L'icona trinitaria, l'icona della croce e dell'eucarestia, strettamente legata al gesto della lavanda dei piedi, ci aiutano a scrutare la "verità della carità", nelle sue esigenze e soprattutto nelle sue dimensioni "originarie", cioè divine.
 
A — La carità di Dio colta alla sorgente
 
- Icona della trinità. La carità è Dio stesso: Padre, Figlio e Spirito santo. La SS. Trinità é amore interpersonale, è comunione, é accoglienza, è dono reciproco, è unità nella diversità delle persone. Perciò S. Agostino, in modo ardito, scriveva: "Se vedi la carità, vedi la Trinità" (ETC, 24). Nel dono reciproco di sé, realizzato per la carità che viene da Dio "si riassume tutta l'antropologia cristiana" (ETC, 15 - cfr. Dominum et vivificantem, 59).
- Icona della croce, che manifesta "l'amore gratuito, misericordioso e onnipotente di Dio per gli uomini tutta la profondità e l'efficacia del perdono di Dio". Per cui “l'ultima parola non è il peccato, ma l'amore!". Questa "è una lieta notizia che esige conversione!“. Le folle - dice l'evangelista Luca - accorrono, guardano e ritornano “battendosi il petto“ (23,48), perché “lo spettacolo della croce capovolge la vita" (ETC, 17).
- Icona dell'eucarestia. "Gesù ha racchiuso nei segni del pane e del vino il significato della sua intera esistenza“ (ETC, 17). "Nell’ultima cena Egli lega strettamente eucarestia e carità in quel gesto della lavanda dei piedi che è segno e anticipo del sacrificio profondo, dell'amore e del servizio reciproco. Ma tutto questo esige la verifica della vita, come all'ultima cena è seguita la croce" (ETC, 17). Dunque, ci è stato lasciato un duplice memoriale, per cui “E’ tanto necessaria alla chiesa la diaconia quanto lo é l'eucarestia“ (Y. Congar). Una diaconia che è fondata e normata dall'eucarestia.
B - Anche la "nostra" carità va ripensata. Essa proviene da quella di Dio, anzi è la sua carità in noi. Quando amiamo è Dio che ama in noi. "L'essere l'uno per l'altro non é altro che l'accettazione nella fede della forma trinitaria di essere l'uno per l'altro“ (Severino Dianich). Non sono le opere che mancano oggi, talora invece scarseggia la trasparenza di esse in modo che rivelino l'amore di Dio: "vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli" (Mt 5,15). E’ una carità esigente quella che Cristo domanda alla sua chiesa, perché deve modellarsi sulla sua. E perciò deve essere contrassegnata dalla gratuità, dalla eccedenza (che da più di quanto è richiesto), da un rapporto interpersonale coinvolgente, che trova nel “vicino" e nel “quotidiano" la sua concreta realizzazione, dall'atteggiamento di ascolto, dallo spirito di servizio. La carità é concreta, è azione! dono del tempo, dono di sé, delle capacità professionali, è condivisone, è liberazione del povero dai suoi condizionamenti, è riconoscimento della sua pari dignità e dei suoi diritti. La carità ha una “dimensione politica“, una carità cioè che si fa progetto sociale ispirato a giustizia e alla solidarietà. Si traduce nell’amore preferenziale per i poveri, come segno messianico della presenza del regno di Dio nel mondo.
"La carità evangelica poiché si apre alla persona intera e non soltanto ai suoi bisogni, coinvolge la nostra stessa persona ed esige la conversione del cuore. Può essere facile aiutare qualcuno senza accoglierlo pienamente. Accogliere il povero, il malato, lo straniero, il carcerato significa fargli spazio nel proprio tempo, nella propria casa, nelle proprie amicizie, nelle proprie leggi“. Perciò, "La carità è molto più impegnativa della beneficenza occasionale, la prima coinvolge e cerca un legame, la seconda si accontenta di un gesto“ (ETC, 39).
 
III - PREGHIERA E CARITA'
Carattere storico
La preghiera, se rettamente concepita e vissuta sul modello dei grandi oranti della Bibbia, si fa “lettura carismatica e teologica" della storia, cioè, una lettura secondo lo Spirito, per cui la vicenda umana, comune o personale, letta ed interpretata alla luce della parola di Dio, si trasforma in storia di salvezza. La Bibbia, infatti, oltre ad essere il libro di Dio e la regola (canone) della fede, é il "libro dell'esperienza" (S. Bernardo) cui si ricorre per conoscere e capire la storia personale e quella del genere umano e conoscere in profondità se stessi.
"La S. Scrittura - dice S. Gregorio Magno - è come lo specchio messo davanti agli occhi della mente perché in essa vediamo il nostro volto interiore" (in "Moralia" 2,9). Questo vale anche per la preghiera. Nel testo sacro abbiamo dei modelli di preghiera "carismatica", anzi di oranti così ispirati. Basta ricordare i due cantici del nuovo testamento il "Benedictus" ed il “Magnificat": ognuno di noi li conosce e la stessa chiesa, nella liturgia delle ore li recita quotidianamente. Essi passano in rassegna, per così dire, la storia del popolo, eletto da Dio, e ne dànno, in sintesi mirabile, la chiave di lettura. Questo ci dà modo di precisare che:
1) la preghiera cristiana non è contemplazione astratta e disincarnata, ma contemplazione di Dio in sé, nelle sue opere e nella sua azione salvifica nella storia. Va "riconosciuto" il suo carattere “profetico” per la vicenda umana in quanto l'orante, mosso dallo Spirito, non cessa, nonostante la dura realtà che ha dinanzi, personale o sociale, segnata profondamente dal peccato, di aspirare e di "lottare" (al modo di Giacobbe) per l'avvento dei “cieli nuovi" e della “terra nuova” promessi da Dio (1 Petr. );
2) pregare è accogliere la parola ed è aprirsi nel silenzio al linguaggio della realtà. Così la preghiera è legata alla vita e perciò si alimenta anche de1 problemi, delle tensioni e delle speranze umane (si pensi ai salmi). Instaura una contemporaneità tra la parola di Dio e la vicenda quotidiana.
3) la risposta alla nostra preghiera Dio la dà nella vita: è negli avvenimenti interiori ed esterni che noi cogliamo la sua azione, la sua risposta;
- 4) chi prega testimonia nel mondo l'Invisibile, come se egli lo vedesse: "Comme s'il voyait l'invisible", vivendo questa dimensione nella normalità della vita. Di Papa Giovanni fu detto in concilio che: "viveva con naturalezza il soprannaturale, ed il naturale con spirito soprannaturale" (Commemorazione del card. Suenens al Concilio).
 
Carattere teologale
 
La preghiera cristiana non ha solo un carattere religioso ma propriamente teologale. Essa è soprattutto esercizio della fede, della speranza, della carità che lo Spirito santo ha effuso nel cristiano con il battesimo. Perciò, il cristiano che prega è un cristiano che con la preghiera esprime ed esercita la sua fede, speranza e carità. E’ colui che "nello Spirito", cioè sotto il suo impulso, crede, spera, ama. Per tale motivo la preghiera cristiana trova il suo nutrimento nella parola di Dio.
Una conseguenza importante: la qualità della preghiera non dipende dalla sublimità dei pensieri, né dalla raffinatezza delle tecniche, né dalla profondità del "vuoto" che si riesce a creare in se stessi, né dall'intensità dell'attenzione e della vigilanza dello Spirito, ma dalla profondità della fede, dall'intensità della speranza e dall'ardore della carità. Prega meglio chi più crede, più spera, più ama.
 
La preghiera é amore (oratio ignita: preghiera infuocata)
 
La preghiera cristiana non consiste nel molto parlare a Dio, ma nel molto amarlo. La preghiera prolungata, di cui parla il Vangelo (Luca 6,12; 22,43) non consiste nel moltiplicare le formule (senno multus) ma nel mantenere lo slancio del cuore (diuturnus affectus). La vera preghiera é quella del cuore, quando si rivolge a Dio “con un lungo e pio slancio del cuore" (diuturna et pia cordis excitatione) (Agostino, Ep 130, 10,20 - PL 33,502).“Anna, parlava con preghiera nascosta, ma con fede manifesta. Parlava non con la voce, ma con il cuore, poiché sapeva che così Dio ascolta" (S. Cipriano, dal trattato "sul Padre nostro").
La preghiera è desiderio di Dio. La nostra preghiera durerà quanto il nostro desiderio", proverbio africano) Identificazione della preghiera con il desiderio di Dio, che sale dal profondo del cuore. "Nella preghiera desidera che si eserciti il nostro desiderio, onde diventiamo capaci di prendere ciò che si prepara a darci. Questo bene é assai grande, ma noi siamo piccoli e augusti per accoglierlo“ (lettera 130, 9-18). "Dio non dà se non a chi prega, per non dare a chi non sa ricevere“.
 
La preghiera e gioia
 
Il clima generale della preghiera cristiana è la gioia (ci sono la confessione dei peccati e la preghiera di penitenza, la domanda), ma la preghiera prevalente è la lode e l'azione di grazie. La maggior parte delle preghiere dell'età apostolica termina con la dossologia che glorifica Cristo o la Trinità. La liturgia del XIV domenica p.a. (ciclo A) così ci fa pregare: O Dio che ti riveli ai piccoli e doni ai miti l'eredità del tuo regno, rendici poveri, liberi ed esultanti, ad imitazione del Cristo tuo Figlio, per portare con lui il gioco soave della croce e annunziare agli uomini la gioia che viene da te.
 
IV - PREGHIERA E TESTIMONIANZA DI CARITA'
 
"Ogni preghiera contemplativa cristiana rinvia continuamente all'amore del prossimo perché vuol guardare in faccia uomini reali, uomini viventi e proprio così avvicina maggiormente a Dio" (Alcuni aspetti..., 13). “La preghiera autentica desta negli oranti un'ardente carità che li spinge a collaborare alla missione della Chiesa e al servizio dei fratelli per la maggior gloria di Dio" (ibid 28), aiuta ad approfondire le relazioni umane, purificandole dalle incrostazioni dell'egoismo e dell'autoesaltazione.
La preghiera fiorisce e si realizza nella carità, termine di ogni prassi cristiana. "Se viene a mancare la carità a che serve tutto il resto?" (S. Agostino). Una carità che conserva il suo slancio istintivo che e quello dello Spirito Santo. Un anziano disse: "Ho lottato vent’anni contro un solo pensiero per vedere tutti gli uomini come un solo uomo". In questa unità rientrano anche i nemici. Il Padre Zenone disse: "Chi desidera che Dio esaudisca presto la sua preghiera, prima di pregare per ogni altra cosa deve pregare di cuore per i suoi nemici. E’ per questa azione buona che Dio lo ascolterà, qualsiasi cosa poi gli si chieda" (VD I, 206,7).
Massimo il confessore vede in questo la perfezione dell'amore: “L'uomo che ha raggiunto l'amore perfetto e la liberazione dalle passioni non fa più distinzione tra connazionali e stranieri, credenti e non credenti, schiavi e liberi, uomini e donne. Emerso dalla tirannia delle passioni e vedendo solo la condizione umana, osserva con imparzialità gli uomini ed ha le stesse disposizioni verso tutti. In lui non c’é più né giudeo né greco né schiavo né libero, né uomo, né donna, ma tutti sono uno in Cristo Gesù (Gal 3,28)" (Quattro centurie sull'amore, in La Filocalia, 123,30).
Ma la carità è anche donazione di sé pronta e generosa, ripetizione dei gesti del buon samaritano: “Una volta il padre Agatone si recò in città per prendere della merce e trovò in piazza un forestiero che giaceva malato, senza nessuno che si curasse di lui. L'anziano rimase con lui, prendendo una cella in affitto e pagando l'affitto col prezzo del lavoro manuale; i soldi che gli restavano li spendeva per la cura del malato. Rimase con lui quattro mesi, finché il malato non si fu ristabilito. Allora l'anziano ritornò nella sua cella in pace" (VD 1,121,27). “Chi vede la carità vede la Trinità" (S. Agostino).  I tempi dello Spirito formano alla carità attraverso la loro peculiarità
1) Silenzio, per ascoltare Dio e la sua parola e per ritrovare la propria "unità di vita".
2) La verifica della propria situazione spirituale in vista del pentimento e della conversione.
3) La preghiera: confessio laudis.
4) L'esercizio della carità fraterna: "accoglietevi gli uni gli altri, come Cristo ha accolto voi“: confessio vitae.
Conclusione
Questa epoca è avida di Dio; e lo va cercando sotto i nomi e i miti più diversi, e vorrebbe trovarlo nella sua esperienza più diretta. E qui proprio bisogna farglielo trovare; e questo proprio è il compito del cristiano. Farglielo trovare testimoniato, nella esperienza quotidiana, da testimoni visibili, che con la loro vita lo mostrino, lo facciano vedere presente, operante, amante, amato, come la Presenza più presente  e più reale, più salvatrice, la sola salvatrice, nella trama delle azioni e delle vite da salvare, cioè da amare in Dio“ (Giuseppe Capograssi).
 
Tu, Padre Figlio e Spirito,
ancora ci comandi
ancora ci offri
il cammino attraverso il deserto,
affinché diventiamo poveri,
affinché tu possa conoscere quel che abbiamo nel cuore,
affinché anche noi lo possiamo conoscere.
Tu ancora e sempre ci convochi sulle montagne
del Sinai, dell'Horeb, di Sion, del Golgota,
così che scorgiamo il tuo grande, esigente, misterioso orizzonte,
dove di nuovo siamo incaricati della storia,
dove riceviamo la missione
di manifestare, nel tempo, la tua misericordia e la tua pace.
Così il nostro tempo, i nostri linguaggi,
la nostra scienza, la nostra prassi
siano aperti alle domande di carità e di giustizia
che i tuoi poveri ci rivolgono. Amen.

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