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LA QUARESIMA: ITINERARIO DI FEDE, DI PENITENZA, DI CARITA'
LA QUARESIMA: ITINERARIO DI FEDE, DI PENITENZA, DI CARITA'
di Luciano Baronio
La Quaresima é un tempo “forte” tutto orientato verso la Pasqua, cuore e vertice dell'anno liturgico. Di origini antichissime, la quaresima prende corpo nel IV secolo, per i catecumeni e per i penitenti. Infatti si è andata sviluppando attorno al suo duplice carattere di preparazione e di “memoria” del battesimo e di tempo penitenziale. Per molti, per i più forse, l'idea della quaresima é rimasta legata a qualche atto di mortificazione personale, distaccata dal resto della vita e dal contesto comunitario. Essa invece è - nel suo insieme - un itinerario di fede, di penitenza e di carità per tutto il popolo di Dio.
• Come itinerario di fede la quaresima fa ripercorrere le tappe del cammino “catecumenale” attraverso la catechesi e un più assiduo ascolto della parola di Dio proposta alla comunità secondo un disegno pedagogico ben mirato. E' come se la comunità ridiventasse ancora “catecumena” per giungere poi a ri-proclamare nella gioia la professione di fede, dopo aver di nuovo rinunciato agli “idoli” e alla logica del peccato e scelto Cristo come unico Signore. E’ questo il vero significato di quanto la liturgia della notte di Pasqua domanda con la “rinnovazione delle promesse battesimali”. Si tratta di camminare “in novità di vita”, attuando il comandamento nuovo dell'amore verso Dio e verso il prossimo.
• Come itinerario di penitenza, che ha il suo solenne inizio con l’imposizione delle ceneri – nella liturgia romana - la quaresima può essere definita “una scuola di pentimento” (Alexander Schmemann, in “La grande quaresima”) perché educa a riconoscere il proprio peccato come singoli e come comunità; non solo a riconoscerlo, ma anche a porvi rimedio per il danno procurato al prossimo e alla chiesa. La penitenza quaresimale non può quindi limitarsi ad essere “interna ed individuale”, deve essere anche “esterna e sociale” (cfr. Sacr. Concilium, 110). Lo esige il dovere della riparazione sia dei peccati sociali che delle conseguenze che i peccati personali producono nella chiesa e nella società.
Infatti i peccati sociali quali, per esempio, quelli contro la vita (aborto, eutanasia, omicidi, guerre, ecc.), le ingiustizie ai diversi livelli, l'inquinamento dell'ambiente naturale, la sottrazione di risorse per altri scopi - talora inaccettabili , come le spese per gli armamenti, invece di impiegarli per combattere la fame nel mondo e le malattie, il consumismo, la sola logica del profitto nell'economia... per essere sradicati servono risposte collettive proporzionate, che solo un cambiamento di mentalità (conversione), una cultura ispirata al Vangelo ed un largo coinvolgimento possono assicurare. In questa ampia prospettiva la quaresima assume il carattere di “un digiuno grande e generale” (S. Agostino), che comporta in primo luogo la rinuncia al peccato (egoismo) e ai suoi frutti ed esige apertura ai bisogni dei fratelli, ai quali viene destinato ciò di cui ci si priva, secondo l'antica logica cristiana del “privarsi per condividere”, già espressa nel “noi digiuniamo e doniamo” di S. Agostino.
Il digiuno libera dalla invadenza di ciò che é materiale per ridare il primato a ciò che é spirituale (“non di solo pane vive l'uomo”) favorendo un atteggiamento di distacco dai beni materiali e di mortificazione del corpo che ha nell'astinenza delle carni dei venerdì dei quaresima e nel digiuno del mercoledì delle ceneri e del venerdì santo, un segno condiviso da tutta la comunità che obbliga gravemente tutti i fedeli.
Anche il sacramento della penitenza va celebrato collocandolo in questo cammino di revisione di vita e di conversione compiuto attraverso l’esercizio delle opere di misericordia, che rivestono la forza di un gesto di riconciliazione, restituendo ai poveri, ai deboli e ai dimenticati ciò che è stato tolto.
• Come itinerario di carità alimentato dalla parola di Dio che di continuo richiama la comunità cristiana, riunita in assemblea, a ricordarsi dei diritti “dello straniero, dell'orfano e della vedova”, mediante le opere di giustizia e di carità.
Qual’è, infatti, il digiuno che gradisco – dice il Signore - se non “spezzare le catene inique, rimandare liberi gli oppressi, accogliere il forestiero...”, ****cui fa eco la parola di Pietro “vergognatevi voi che trattenete le cose altrui, imitate piuttosto la bontà divina e così nessuno sarà povero”****. Solo i gesti concreti dimostrano che la parola di Dio sta cambiando la logica della vita dei credenti. E la cambia misurandola sull'attuale situazione sociale, che attende una risposta adeguata ai gravi problemi che la travagliano, secondo una linea di “missionarietà che ama la gente povera” ed ha il coraggio di donarsi “senza riserve” (cfr. La Chiesa in Italia dopo Loreto, n. 22, n. 51). Questo impegno di testimonianza diventa realizzabile ad una condizione: la comunità si dia il tempo e gli strumenti per vedere, riflettere e agire. Di qui l'urgenza di pensare ad un “Centro di ascolto “ o ad un “Osservatorio permanente delle povertà” in grado di offrire quei dati che riflettano “le dinamiche dei problemi della gente” in ordine ad un “coinvolgimento sistematico della chiesa locale” (cfr. La Chiesa in Italia dopo Loreto, n. 22). Così il pane eucaristico spezzato sulla mensa dell’assemblea conduce la comunità a “spezzare la propria vita” per farne dono, secondo la misura della carità concessa a ciascuno dallo Spirito di Dio.
Maria, figura della chiesa, contemplata accanto alla croce di Cristo sollecita anch'essa la presenza della comunità ai piedi delle infinite croci degli uomini per recare il conforto e il rimedio dell'amore. ma anche per apprendervi nuovi insegnamenti.
Ci guidi nel cammino quaresimale la splendida catechesi di S. Pietro Crisologo, vescovo di Ravenna e dottore della chiesa ( V sec.) che pubblichiamo di seguito.
LE OPERE DELLA QUARESIMA
di S. Pietro Crisologo Vescovo*
• La preghiera, il digiuno, la misericordia
Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù: la preghiera, il digiuno, la misericordia. Ciò per cui la preghiera bussa, lo ottiene il digiuno, lo riceve la misericordia. Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l'una dall'altra. Il digiuno è l'anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia. Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica.
• “Chi digiuna ascolti chi ha fame"
Chi digiuna comprenda bene cosa significhi per gli altri non aver da mangiare. Ascolti chi ha fame, se vuole che Dio gradisca il suo digiuno. Abbia compassione, chi spera compassione. Chi domanda pietà, la eserciti. Chi vuole che gli sia concesso un dono, apra la sua mano agli altri. È un cattivo richiedente colui che nega agli altri quello che domanda per sé. O uomo, sii tu stesso per te la regola della misericordia. Il modo con cui vuoi che si usi misericordia a te, usalo con gli altri. La larghezza di misericordia che vuoi per te, abbila per gli altri. Offri agli altri quella stessa pronta misericordia, che desideri per te. Perciò preghiera, digiuno, misericordia siano per noi un'unica forza mediatrice presso Dio, siano per noi un'unica difesa, un'unica preghiera sotto tre aspetti. Quanto col disprezzo abbiamo perduto, conquistiamolo con il digiuno. Immoliamo le nostre anime col digiuno perché non c'é nulla di più gradito che possiamo offrire a Dio, come dimostra il profeta quando dice: «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, tu, o Dio, non disprezzi» (Sal. 50, 19).
• "Dài a te stesso, dando al povero"
O uomo, offri a Dio la tua anima ed offri l'oblazione del digiuno, perché sia pura l'ostia, santo il sacrificio, vivente la vittima, che a te rimanga e a Dio sia data. Chi non dà questo a Dio non sarà scusato, perché non può non avere se stesso da offrire. Ma perché tutto ciò sia accetto, sia accompagnato dalla misericordia. Il digiuno non germoglia se non è innaffiato dalla misericordia. Il digiuno inaridisce, se inaridisce la misericordia. Ciò che è la pioggia per la terra, è la misericordia per il digiuno. Quantunque ingentilisca il cuore, purifichi la carne, sradichi i vizi, semini le virtù, il digiunatore non coglie frutti se non farà scorrere fiumi di misericordia. O tu che digiuni, sappi che il tuo campo resterà digiuno se resterà digiuna la misericordia. Quello invece che tu avrai donato nella misericordia, ritornerà abbondantemente nel tuo granaio. Pertanto, o uomo, perchétu non abbia a perdere col voler tenere per te, elargisci agli altri e allora raccoglierai. Dà a te stesso, dando al povero, perchéciò che avrai lasciato in eredità ad un altro, tu non lo avrai.
(S. Pietro Crisologo, vescovo di Ravenna e dottore della chiesa ( V sec.) - Discorso 43; Pl. 52, 320 e 322)
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