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L’ A M I C I Z I A
 
 
A)     Ambientazione del tema e introduzione.
 
Anche questa catechesi, come la precedente ha come oggetto uno di quei temi che di solito non entrano in una catechesi. Sapete che il tema che è stato scelto di riflessione e di meditazione, è il tema dell’amicizia.  La nostra riflessione ha l’andamento di una conversazione familiare.
Prendiamo ispirazione a trattare questo tema e a metterlo nel clima opportuno la pagina del Vangelo di Giovanni che parla di Gesù che partecipa ad un banchetto di nozze: le nozze di Cana,  insieme con Maria sua Madre e con i suoi discepoli. Certamente quella era una casa conosciuta da Maria e da Gesù. Probabilmente oltre i rapporti di parentela e forse di confidenza. Questo spiega come il Signore porti con sé gli apostoli, 12 persone che si aggiungono agli altri invitati a questo banchetto di nozze diventato così famoso.
In questo clima familiare il Signore ha voluto manifestare – come dice l’evangelista Giovanni – la sua gloria. Egli, diventando uomo, ha voluto partecipare a tutte le dimensioni della vita umana, compresa quella dell’amicizia ed è in questo clima che interviene la madre, Maria. Essa, conoscendo il cuore sensibile del Figlio che aveva tenuto sulle sue ginocchia e conoscendo la situazione particolare nella quale quegli sposi vengono a trovarsi, si fa coraggio e domanda l’impossibile, che consisteva non solo nel fare il miracolo ma soprattutto nell’anticipare quel “l’ora” che Cristo dichiara non ancora venuta. In seguito all’intervento della madre, Egli compie il miracolo. E conseguenza di questo, si rinsalda, evidentemente, il clima di amicizia che si era creato in quella casa. La pagina di Giovanni sta sullo sfondo come ispirazione al nostro pensare l’amicizia.
 
 
L’amicizia è un tema vitale anche oggi
 
 
A prima vista parrebbe che non ci sia bisogno, oggi, di parlare di amicizia, perché ognuno di noi ne fa, o ne può fare l’esperienza. O avere un’idea dell’amicizia, o meglio ancora un’immagine di essa, perché non è una cosa astratta ma è un rapporto tra persone. L’amicizia è un bene del quale anche l’uomo di oggi sente l’importanza. Infatti da un po’ di tempo a questa parte, sono abbastanza frequenti le pubblicazioni fatte da persone di diversa estrazione culturale – sociologi, psicologi, teologi, ecc – che trattano questo tema. Probabilmente ciò accade proprio in riferimento alla paura che sopravviene a chi constata che l’amicizia sembra scomparire dalla convivenza umana. Soprattutto in un tipo di società come è la nostra, nella quale, presi della logica della macchina e della produzione, l’uomo non ha più tempo, ne di pensare a se ne da pensare agli altri.
 
 
E’ una realtà nata dalla creazione.
 
 
L’amicizia è una realtà umana che è nata dalla creazione. Essendo noi fatti a immagine a somiglianza di Dio, siamo degli esseri creati per essere aperti verso gli altri. Anche Dio non è solo, se così ci si può esprimere, perché è comunione di tre persone. La vita intima di Dio è amore che si fa persona nel Figlio, sapienza di Dio e nello Spirito Santo che è Amore. In Dio non è come in noi nei quali il sentimento, l’amore e il pensiero rimangono tali o al massimo si concretizzano in espressioni diverse; in Dio invece ciò che è Amore e Pensiero diventa persona.
Come ci ha fatti Dio? Ci ha fatti non per essere soli ma per la comunione. Infatti dice il libro della Genesi: “Il Signore creò l’uomo vedendo che si sentiva solo disse: “facciamogli un aiuto simile a se perché l’uomo non si senta solo”. Il Signore ci ha fatti aperti ai nostri simili, ci ha dato una natura socievole che sente il bisogno dell’incontro con gli altri. Così il Signore ci ha pensato e ci ha creato.
 
 
Con Cristo poi, l’uomo nuovo, ogni realtà umana è stata redenta e rinnovata, compresa l’amicizia. Infatti Egli tutto ha assunto per trasformarlo in modo che ne venisse una nuova creazione. Egli si è fatto “consorte” – secondo l’espressione di S. Pietro - della natura umana. E’ sceso nella convivenza umana e ha conversato con gli uomini.
Un padre della Chiesa afferma: “niente è stato redento che da Cristo non sia stato assunto”. Cristo ha redento tutto l’uomo e perciò anche questa dimensione umana dell’amicizia. La potuta redimere perché l’ha assunta nella sua vita.
Il bisogno dell’altro che l’uomo sente dentro di se prende una dimensione concreta nelle persone che incontriamo, che conosciamo, con le quali condividiamo la vita: sono le persone che il Signore ci fa incontrare. Così ha fatto Cristo. Non solo egli non ha disdegnato il senso dell’amicizia, lui che solo poteva bastare a Se stesso ma è andato in cerca dell’uomo per farsi suo amico. Egli ha saputo esprimere questo bisogno e questa realtà dell’amicizia anzitutto nella sua casa, con sua Madre, con il padre putativo e poi con i discepoli, che egli ha chiamato “amici”. “Io vi ho chiamato amici, perché vi ho detto tutto quello che ho udito dal Padre mio”: non li ha considerati estranei, non li ha trattati da sudditi, ma li ha chiamati amici.
Non si è considerato soltanto il Maestro, di fronte ai discepoli da istruire, si è messo a loro livello come fece con i discepoli di Emmaus, lungo la strada si fece pellegrino insieme a pellegrini, condividendole la strada, la fatica, il calore, e la conversazione.
 
Con Lazzaro egli ebbe un particolare rapporto di amicizia, così che quando fu davanti alla sua tomba pianse. Donde il commento della gente: “vedete come lo amava!”. Egli aveva consuetudine con la casa di Maria e di Marta dove entrava accolto nella fede e con affetto tanto che non considerava una perdita di tempo conversare con Maria e con gli altri abitanti di questa casa e fermarsi a condividere il cibo con essi.
 
Così ha fatto con Giovanni. Amava tutti i discepoli ma questo lo prediligeva. L’amicizia per qualcuno non diventa torto per gli altri se amiamo sinceramente tutte le persone. Tutti infatti non possono essere amici allo stesso modo: l’amicizia è un valore del tutto singolare. Il tempo della vita non basterebbe ad essere, nella stessa misura, amici di tutti perciò è gioco-forza scegliere. Dunque Cristo ha vissuto, in modo eminente, questa particolare espressione dell’amore che deriva da Dio.
 
 
L’amicizia nella vita dei Santi
 
 
E’ parimenti sorprendente per noi, che non siamo stati abituati a cogliere e a stimare questa dimensione umana e spirituale nella vita dei Santi, scoprire che l’amicizia, soprattutto in alcuni di essi, ha avuto un posto tutt’altro che secondario accanto agli aspetti di penitenza, di silenzio, di preghiera assidua, e di apostolato indefesso. Questo potrebbe essere un altro tema per una catechesi intera, e non basterebbe per mettere in luce un aspetto così interessante. In essi questo singolare rapporto diventa stabile e duraturo e si approfondisce nella misura in cui è cimentato dall’amore di Dio.
Per tutti si può citare S. Paolo il quale, nel riguardo di alcuni collaboratori nel suo apostolato, sentiva questo particolare affetto, lo sentiva così per Timoteo che quando era assente egli ne sentiva la mancanza. Anche per Paolo, non tutti quelli che incontrò nella sua vita erano amici, sia pure che gli fossero vicini.
Un altro esempio lo possiamo cogliere da un testo antico, del IV secolo, che ci presenta l’amicizia tra S. Basilio e S. Gregorio Nazianzeno. Due studenti e due studiosi amanti del sapere e della sapienza. Furono ad Atene a studiare, e si che erano delle regioni dell’oriente, diventarono monaci insieme e, insieme, furono fatti Vescovi e condivisero nelle tre tappe di questa vita che certamente può definirsi meravigliosa condividendo le fatiche, le aspirazioni, e soprattutto la vita.
 
Ecco cosa dice S. Basilio di questa amicizia: “Eravamo insieme come per un accordo, invece era per disposizione divina. Io mi sentivo legato a Gregorio per la serietà dei costumi, per una maturità ed una saggezza che manifestava nei suoi discorsi così da suscitare in chi lo ascoltava, stima e ammirazione. Tutto questo non poteva non sfociare nell’amicizia. Questo – dice ancora S. Basilio – è stato l’inizio della nostra amicizia. Capimmo subito, frequentandoci, che era l’amore della sapienza fatta di virtù e di sapere, di desiderio di conoscere la verità e ci accorgemmo che cercavamo ambedue le stesse cose.
E allora, comprendemmo che non potevamo vivere distaccati, ma ambedue essere l’uno per l’altro, essere compagni, commensali, e fratelli”. Che testo! Che esperienza di amicizia diventata così profonda da fare dei due una cosa sola.
 
Certo si potrebbe parlare anche di Giovanni Bosco, per l’amicizia che aveva con Domenico Savio, che aveva anche con altri che facevano parte della sua comunità.
Di S. Giovanni della Croce per l’amicizia che ebbe con S. Teresa d’Avila; di S. Vincenzo del Paoli con S. Luisa Maria Marillac, e con tanti altri. Ma non ci soffermiamo su questo argomento perché mi pare che basti quello che è stato accennato. Si apre certamente un interessante orizzonte che non è lontano da noi perché la Chiesa ogni giorno ci presenta dei modelli di amicizia vissuta dai santi. Può sembrare strano che anche il Concilio, nei suoi testi abbia parlato dell’amicizia. Esso dice che nella comunità cristiana, il rapporto tra vescovo e presbiteri deve essere un rapporto di amicizia, così il rapporto tra presbiteri. Quando parla dei laici dice in una comunità cristiana il battezzato, soprattutto quello impegnato nella vita religiosa e apostolica, deve essere vissuto come un rapporto di fraternità e di amicizia, fondato sui comuni doni ricevuti da Dio. E per questo che il Concilio parla della possibilità che i laici di associarsi tra loro, per un comune ideale di apostolato, in un clima di amicizia.
 
E poi parla dell’amicizia che ci deve essere nella comunità coniugale: interessantissimo questo tema, ma lo riprenderemo dopo. I coniugi, fra di loro, devono essere amici: il che non è poco e succede, forse, così raramente! L’amicizia da quanto abbiamo detto, entra nella vita perciò, con un suo modo unico di porsi ed è così unico che, per rivelarlo, ci basta fare un’osservazione: quanti parenti e quanti conoscenti esistono al mondo ma quanti pochi amici!
Anche nell’ambito della parentela e delle conoscenze, anche quando sembrano approfondite non nasce, o meglio non sempre nasce il dono dell’amicizia. Dal che si può dedurre che ciò che fa lieto il cuore non è la conoscenza, ma l’affetto. Molte volte la conoscenza porta con facilità al giudizio sui difetti delle persone. E’ solo l’amicizia che riesce ad andare al di là dei limiti, per trovare, ciò che c’è di positivo nelle persone.
Certo, questa amicizia si pone nel rapporto sposo-sposa, e tra genitori. Ho ascoltato la radio un intervista fatta ad un politico al quale è stato chiesto: “oggi non le facciamo domande sul suo partito e sui suoi programmi politici. Le vogliamo fare delle domande sulla sua vita privata”. E gli hanno posto una domanda sulla sua famiglia, e precisamente gli hanno domandato: “lei è amico di sua moglie?” e quello rispose: “per la verità essere amico di mia moglie non è facile, perché mia moglie ha una personalità così fatta, e un temperamento così ricco, che ogni giorno questa amicizia è da reinventare”. Che stupendo!
E quando noi pensiamo di avere capito tutto, che abbiamo capito poco! E quando invece siamo aperti alla vita che fluisce al di là di noi, perché è più grande di noi – che c’era prima di noi e che ci sarà dopo di noi – che sentiamo questo flusso da essere coinvolti da questa onda benefica, che ci aiuta a capire, a vivere in profondità i rapporti con gli altri!
I rapporti con gli altri, anche quando fossero sacri, come sono tra marito e moglie o tra genitori e figli, diventano stressanti se non giungono ad essere dei rapporti personalizzati. Anzi diventano più stressanti quando sono rapporti di vicinanza estrema. In fondo, una persona che non mi fosse gradita, o che mi desse dei problemi, se vive fuori casa fa meno fastidio ma se è in casa il peso aumenta ed anche le croci.
Ora, come si fa a dire che marito e moglie, veramente, camminano insieme nella vita, nella buona e nella cattiva sorte se non sono amici! Se non si fanno confidenze, ad esempio sul lavoro che svolgono in ambienti separati, sulle reazioni che sentono dentro di se riguardo ai problemi della famiglia; sulle preoccupazioni che hanno circa l’avvenire dei figli; e se sono cristiani sulla condivisione di fede, di preghiera, di modo di sentire e di vedere la vita! Questi ragionamenti si fanno quando si è a tavola, mentre si guarda la televisione o si legge il giornale; quando il figlio racconta le notizie della scuola o del lavoro, o chiede di parlare con il padre.
Recentemente mi hanno riferito che un uomo già attempato, di fronte alla bara di suo padre, presente il sacerdote, diceva in lacrime: “se ho un rincrescimento nella mia vita è che ho parlato troppo poco con mio padre”.  Non sembra possibile, ma succede di vivere accanto 30, 40, 50 anni o più, e non essere riusciti perché non si è trovato il tempo (sic!) di parlarsi. Il non comunicare rende più facile la separazione, che talvolta avviene dopo anni di convivenza, e la promessa iniziale, certamente sincera: “noi staremo insieme per tutta la vita”. In effetti l’amore non mette confini, non mette limiti perché se li mettesse sarebbe una presa in giro.
 
 
L’amicizia tra fratelli: a volte chissà perché può succedere che nella famiglia, tra fratelli che hanno condiviso, non solo il padre e la madre, ma anche il cibo, lo stesso tetto, hanno vissuto gli stessi problemi, a volte nascono delle gelosie incomprensibili.
La Bibbia dice: “quando due fratelli sono amici sono paragonabili ad una città fortificata: qualsiasi cosa succeda ognuno può contare su l’altro”.
 
Amicizia tra educatori ed alunni. Non so se vi siano tra voi degli insegnanti, ma certamente ci sono degli educatori, essendo presenti dei genitori. Così dicano dei catechisti se manca il rapporto di amicizia non nasce l’azione educativa, perché “educare” è una parola che deriva dal latino “educere” cioè tirar fuori. Ma come si fa a tirar fuori i valori che una persona ha per portarli a maturazione se non ci si da il tempo necessario di conoscerla? Se gli insegnanti buttano li delle nozioni, per dire ho fatto il mio “dovere”, in qualche modo di fronte alla lettera della legge se è a posto ma non al suo spirito e alla sua finalità. Se devo comunicare una scienza, che dovrebbe essere scienza della vita, oltre che del libro, come faccio a stabilire una relazione se non conosco l’animo degli alunni .
L’amicizia non è legata ad un settore della vita, ma la avvolge interamente e non può essere vissuta ad intermittenza. Stabilire dei rapporti di amicizia all’interno della famiglia non significa cambiare i ruoli i quali restano gli stessi però cambia il clima e lo stile di vita.
 
Natura e caratteristiche dell’amicizia
 
L’amicizia è il più alto grado di amore e come tale entra nel precetto che Cristo ci ha dato: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. E come è che egli ci ha amato? Egli stesso spiega l’amico da la vita per i suoi amici, perché non c’è un amore più grande di questo. L’amicizia fa vivere un amore disinteressato: “amo l’altro, non per me ne per quel che mi da o per la gratificazione che ricevo ma perché vedo in lui il mio prossimo”. L’amicizia è rispettosa degli spazi che le persone debbono avere per vivere. Rispetta la libertà degli altri, i loro gusti il modo di fare e il modo di parlare, e rispetta le opinioni degli altri.
L’amicizia è discreta, non è invadente perché ha paura di sciuparsi e ha paura di sciupare il rapporto con gli altri. Non è petulante, non fa il segugio per inseguire la vita altrui. L’amicizia si dona, e in questo suo dono è intuitiva e previene i desideri dell’altro. Dante dice di Maria Santissima, nella cantica del paradiso che “Al di mandar precorri”. Vale a dire “il suo amore materno intuisce ancora prima che uno parli di che cosa ha bisogno”.
 
L’amicizia non giudica, perché non è questo il suo ruolo. L’amicizia lascia il giudizio agli altri, lascia il giudizio a Dio, ma è vicina anche quando l’amico sbaglia e lo guarisce amandolo. E’ un riflesso della condotta di Dio che rende buone le cose e le persone amandole. E’ l’amore che rende migliori e non i rimproveri. L’amicizia tiene la giusta vicinanza, ma anche la giusta distanza. Perciò l’amicizia è equilibrio è sintesi di valori ed è sostegno dei rapporti. L’amicizia ha bisogno di questo equilibrio per essere duratura. Un’amicizia vera non si regola secondo gli umori, ma ha una sua stabilità e continuità.
La Bibbia afferma “guai a chi è solo!” parola che nella spiritualità cristiana ha avuto un’eco lunghissima che la stessa “imitazione di Cristo”, testo per tanti aspetti austero ammette: “senza amici tu non puoi vivere felice”.
 
L’amicizia è impegnativa. Da un certo punto di vista parrebbe più comodo non averne, perché avere amici, vuol dire rapportarsi con gli altri e far spazio alla loro presenza. Potrebbe essere più comodo chiudersi nella propria stanza e non avere rapporti necessari con gli altri. Sul portale di una casa è stato scritto in latino: “bene vivit qui bene latet”, vive bene chi si nasconde bene, così da non essere disturbato dagli altri. Avere amici non è comodo perché vuol dire: entrare nella logica della condivisione. Vuol dire come afferma S. Paolo – “che tu devi soffrire con chi soffre” – vuol dire “portare i pesi gli uni dagli altri” secondo la stessa espressione dell’apostolo; vuol dire avere una disponibilità senza limiti di fronte agli altri; vuol dire mettersi in ascolto, e vuol dire condividere le difficoltà, il pericoli, le disgrazie, i problemi. “Questo domanda di uscire da se praticando l’ascesi dell’altruismo, del dono che non si limita ad un’azione isolata, ma diventa atteggiamento”. Si tratta di uscire dall’egocentrismo e mettere gli altri al centro della nostra attenzione. “Io non sono venuto – dice Gesù – per essere servito ma per servire e dare la mia vita”: questa è la logica dell’amicizia.
 
 
L’amicizia non ragiona secondo le categorie: sono amico di quelli che appartengono alla mia classe sociale, o di quelli che hanno la mia cultura o la mia età o che fanno parte del mio ambiente. No: l’amicizia non ha confini, sboccia dove vuole. L’amicizia può fiorire anche tra persone di età diversa per esempio i bambini sono naturalmente aperti all’amicizia tanto che se domandi ad un bambino quanti amici hai tu? Immediatamente risponde che ne ha tanti. Ed è facile che entri in rapporto anche solo occasionale con le persone che incontra o per la strada o in metropolitana.
 
Come si fa a scegliere gli amici?
 
Siccome non è possibile essere amici di tutti nella stessa misura è importante stabilire i criteri per la scelta e le priorità che hanno bisogno di discernimento per essere attuate.
“Trovare un amico dice la Bibbia è trovare un tesoro”. Il libro della Sapienza ha delle pagine meravigliose sull’amicizia vera e su quella falsa, su quella autentica e su quella che si presenta come tale ma non lo è. Allora chi possiamo scegliere? E’ una domanda difficile. Andiamo per gradi e vediamo un po’.
 
1.                  Anzitutto Gesù Cristo, egli è il nostro amico per eccellenza che non teme confronti. Quello è il nostro amico. Che non scegliamo noi, ma è lui che ci ha scelto: “Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi”. Perciò i santi così innamorati del Signore hanno scelto di corrispondere alla sua amicizia, ed avevano capito che quello era l’amico per il quale non bastava la vita per conversare insieme, per vivere insieme, per condividerne i sentimenti. Perciò S. Paolo dice: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo”. Quando abbiamo gli stessi sentimenti di Cristo nel nostro cuore, portateci dallo Spirito Santo, vuol dire che li c’è amicizia, ed un’amicizia che ha paura di offendere l’amico. Secondo il detto del Signore: “voi sarete miei amici se osserverete i miei comandamenti”. La paura di offendere l’amico è possibile con il dono del timore di Dio messo in noi dallo Spirito Santo, che non è paura di Dio ma è timore che viene dall’amore. S. Agostino che ne ha cercati di amici nella vita, e che ha provato anche la delusione quando veniva meno la fedeltà. Ha espresso nelle confessioni: “Signore il nostro cuore tu l’hai fatto per te, ed è inquieto finché non riposa in te”. Questa amicizia è un dono da ricevere allargando il cuore, è un dono che diventa reciproco, nel quale ascoltiamo e parliamo, dialoghiamo e lo cerchiamo anche quando si nasconde. S. Filippo Neri diceva: “non morire ma soffrire” sembra strano all’occhio umano questa affermazione ma è invece è nella logica dell’amicizia e della condivisione. L’imitazione di Cristo afferma: “se non sarai amico di Gesù, sarai triste e desolato nella tua vita. Se, invece, avrai in Cristo il tuo migliore amico la tua vita diventerà una manifestazione della presenza di Dio”.
 
2.                  Imitando Cristo dobbiamo scegliere come amici i poveri, i peccatori i vinti dalla vita e dagli avvenimenti. Infatti il Vangelo dice: “ era amico dei peccatori e dei pubblicani e mangiava con lui”. Ha preso le difese della donna colta in adulterio giustificandosi: “io sono venuto a salvare non i giusti ma i peccatori”. Se amiamo i poveri ci facciamo degli amici per il cielo. Perché vi accolgano in cielo per l’eternità. Il Santo Don Orione che amava già da chierico gli sbandati capì che il Signore lo chiamava ad essere “il prete di quelli che non vanno in chiesa”. E di quelli che non contano nulla nella vita che cercava dappertutto. E’ sorprendente che l’amicizia, quella insegnata da Cristo vada per strade non prevista dall’uomo, che al primo momento risultano pericolose e repellenti, ma che si trasformano in strade di salvezza per gli uni e per gli altri.
S. Vincenzo de Paoli che ha creato l’ospedale per i malati dopo una giornata difficile e impegnatissima, andava per i quartieri della città per cercare i ragazzi abbandonati, i soldati sfaccendati, le prostitute per poterle portare sulla retta via e redimerle dalla loro situazione. Tante furono salvate da lui in modo che potessero pensare ad una famiglia propria e ad una casa propria. Più la gente era in basso e disagiata più egli si trovava a suo agio. L’amicizia diventa gesto verso il povero che ha bisogno. Permettete ora che accenni ad un episodio che mi ha colpito, un cappellano delle carceri mentre riceveva un detenuto nel suo ufficio, quando quegli chiuse la porta e si era avvicinato alla sua scrivania, gli disse: “signore, si accomodi”, quello si voltò a guardare se era entrato qualcun altro. “Lo dico a lei, signore, si accomodi”. A quel detenuto scesero due lacrime e disse al cappellano: “mai nessuno nella mia vita mi ha chiamato signore, è la prima volta”. Quanta gente ha sete di uno sguardo amico. Ne incontriamo anche noi sulla strada solo che siamo frettolosi. Quando facciamo l’elemosina non facciamola così, tanto per dar qualche cosa, ma cerchiamo di incontrare la persona, fermandoci un istante. Ci può capitare sul bus o sul metrò o davanti ad una chiesa.
 
3.            Cristo ha scelto dei suoi amici che collaborassero con lui nel suo apostolato. A questi discepoli ha dato dei doni e il ha costituiti in comunità. E ciò vale anche mediante il battesimo che è una nuova nascita che crea una nuova parentela la cui legge è l’amore fraterno. Per cui la comunità cristiana si allarga e diventa il luogo dove l’amicizia cresce. Per cui ci si fa compagni degli altri e si testimonia l’amore. Ritornando al tema dei nostri famigliari che è caratterizzato dal rapporto di sangue e dal rapporto d’affetto che dura dalla nascita, un affetto che si è nutrito nella casa in un clima unico del quale dobbiamo essere grati a Dio ai nostri genitori e ai nostri famigliari. E questo da forza per superare quelle diversità umane che sono naturali perché nessuno è uguale ad un altri.
                Così si capisce che il segno della pace che si scambia nella comunità è un segno che si è imparato a scambiarsi in casa.      L’amicizia nell’ambito della famiglia si nutre di piccoli gesti che hanno un particolare sapore unitivo. Ed ogni occasione diventa un ulteriore passo in avanti per il dono della fraternità. Per esempio quando si vuole ricordare il compleanno o l’onomastico di qualcuno dei membri della famiglia, come quando si vogliono ricordare degli anniversari particolarmente significativi.
                Proprio nella liturgia ci è proposta una preghiera, dopo la comunione: “Signore che ci hai dato la tua grazia nel sacramento che abbiamo celebrato, concedici la capacità di saper cogliere le gioie semplici che ci sono nella vita quotidiana”. Le gioie semplici sono le più vere perché scaturiscono dalla vita nella sua naturalezza a differenza delle gioie artificiali che risultano complicate.
                Ci sono poi delle circostanze difficili o addirittura luttuose che debbono unire. Il dolore, a volte, divarica la vita delle persone; spesso invece cementa questa unità e fa riscoprire i vincoli più profondi che ci uniscono. Giova la testimonianza di una mamma che ebbe un figlio mongoloide che le suscitò come è comprensibile un trauma e molta sofferenza. Dopo un primo momento di smarrimento, aiutata dalla preghiera e dalla accettazione di questo fatto increscioso, vide in un'altra luce quanto le era capitato. Tanto da dire: “la mia famiglia non è mai stata così unita come ora per cui il figlio che è diventato il centro della famiglia e il segno di affetto”. Ora dico: “che il Signore non me lo tolga perché abbiamo bisogno di lui”.
 
L’amicizia è un itinerario
 
Infatti è un cammino che ha bisogno di gradualità e di maturazione lenta. Si può dire che è da reinventare ogni giorno, in quanto l’amicizia si adegua alla vita e agli avvenimenti che colorano l’amicizia rendendola nuova ogni giorno. Abbiamo bisogno di domandare a Dio che ci faccia capire il grande dono dell’amicizia e il segreto che essa comporta per ciascuno di noi. Il dono dell’amicizia quando è diffuso equivale ad un camminare insieme e un vivere insieme. L’amicizia diventa un percorso attraverso il quale diventa più facile l’evangelizzazione verso coloro che sono lontani. La comunità che ama, ama il mondo intero. Perché comunica la gioia e la pace del cuore. Il Card. Martini disse, in riferimento ai doni spirituali che il credente riceve da Dio, ha affermato: “non ha tutti è stato dato di avere nel proprio giardino una fontana di giovinezza”. A noi, il Signore l’ha data.
 
 
 
LA GIOIA DELL' AMICIZIA
 
 
Un amico fedele
è un balsamo nella vita,
è la più sicura protezione.
 
Potrai raccogliere tesori d'ogni genere,
ma nulla vale quanto un amico sincero.
Al solo vederlo, l'amico suscita nel cuore
una gioia che si diffonde in tutto l'essere.

Con lui si vive una unione profonda
che dona all'animo gioia inesprimibile.
Il suo ricordo ridesta la nostra mente
e la libera da molte preoccupazioni.
 
Queste parole hanno senso
solo per chi ha un vero amico,
per chi, pur incontrandolo tutti i giorni,
non ne avrebbe mai abbastanza.
 
 
                                   Giovanni Crisostomo
 

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