B. CARLO GNOCCHI
Un vero educatore
Ancor oggi è viva la memoria di don Carlo Gnocchi la cui testimonianza di carità ha impressionato profondamente la società italiana. Le eccellenti capacità intellettuali, messe al servizio del ministero sacerdotale, lo portano fin da giovane a dedicarsi con passione allo studio della persona umana e dei metodi pedagogici più adatti a farla crescere fino alla maturità. Sono i giovani soprattutto ad usufruire della sua azione educativa sia nell’ambito dell’oratorio della parrocchia di S. Pietro in Sala dove è coadiutore, sia come direttore spirituale all'Istituto Gonzaga, retto dai Fratelli delle Scuole Cristiane, sia come insegnante di religione all’Istituto Schiapparelli e sia come assistente spirituale degli universitari.
Si propone di diventare un appassionato catechista dei giovani e di dare ad essi una formazione che rispetti e promuova la persona umana in tutte le sue dimensioni compresa quella culturale e sociale, coinvolgendo in questa opera le famiglie, la comunità cristiana e la società civile. La convinzione con la quale propone mete educative e la competenza che gli deriva dal continuo sforzo di aggiornamento: legge, studia, medita e prega, e dal contatto quotidiano con la vita reale, gli guadagnano la fiducia della gente che gli consente di ottenere dei buoni risultati.
Nemico delle proibizioni, odiose e pedagogicamente fragili, punta a creare nei giovani profonde convinzioni educando cuore, carattere e volontà e chiedendo coraggiosamente sacrifici personali, mostrando di non dubitare della risposta positiva degli allievi. La riflessione continuata, la ricerca costante, l'esperienza dei contatti quotidiani lo portano a scrivere alcuni libri che hanno un’accoglienza molto favorevole ben oltre l’ambiente nel quale e conosciuto ed opera.
Vedono la luce: ”I giovani del nostro tempo e la direzione spirituale", ”L’educazione del cuore", ”la restaurazione della persona umana". La vicinanza ai giovani lo rende aperto e confidenziale: non ha paura di mostrarsi uomo, passibile di tutti i pesi e di tutti i rischi, dalle tentazioni, agli scoraggiamenti, dalle delusioni alla stanchezza e ai dubbi.
Si sente come uno di loro, coinvolto totalmente in una situazione niente affatto pacifica o scontata, sia dal punto di vista personale che sociale.
Dai giovani alle loro famiglie il passo è breve: non può fare a meno di conoscerle, di aiutarle nello svolgimento del loro ruolo educativo. Con le mamme degli alunni dell’Istituto Gonzaga forma un gruppo caritativo per aprirle alle esigenze dell’amore del prossimo più bisognoso.
Quando l'Italia entra in guerra nel giugno 1940, vedendo diradarsi le file dei suoi giovani decide di seguirne la sorte e parte per la campagna di Russia in qualità di cappellano degli alpini. "I soldati ci vanno per dovere, io ci vado per amore".
“Importante é costruire l'uomo"
Dalla Russia, carico di messaggi per le famiglie dei caduti e profondamente scosso per le sofferenze di ogni genere incontrate e provate, si fa pellegrino percorrendo valli e monti per portare ai parenti delle vittime della guerra l’eco delle ultime parole raccolte e qualche piccolo oggetto personale. Al dolore, che ad ogni incontro si rinnova, si aggiunge la visione desolante di tante famiglie ridotte alla miseria e di un numero grandissimo di bambini orfani e di bambini mutilati a motivo dei bombardamenti o dei frequenti infortuni causati dalle munizioni abbandonate un po' ovunque.
Di fronte ad una situazione così drammatica la sua vita si apre ad una nuova fase che lo rivela inaspettatamente come uomo di azione, deciso e instancabile realizzatore di opere sociali. Nel fervore della ricostruzione post-bellica e in prima linea. Lavora per suscitare intorno ai problemi concreti risposte di solidarietà autentica, ma prendendo chiaramente le distanze da una ricostruzione sociale che "non rifaccia l’uomo”quale artefice di civiltà, onde vengano risparmiate per il futuro altre catastrofi e altri fallimenti. Per Don Gnocchi la ricostruzione deve poggiare su basi etiche e religiose: "la rinascita del mondo o sarà religiosa o non sarà affatto. Il valere che urge ricollocare al centro della vita individuale e collettiva é il valore eterno, se per l’ennesima volta non si vuole lavorare invano”.
Per sensibilizzare l’animo degli italiani e rifare le coscienze, raddoppia la sua attività di conferenziere, di scrittore, facendosi propagandista itinerante in Italia e all’estero.
"Le pedagogia del dolore innocente"
Non si discosta dal mondo dei ragazzi e dei giovani al quale ha dedicato la sua energia fino a questo momento, ma, in esse, ormai gli si impone una scelta preferenziale: quella che mette al prime posto coloro che soffrono, i più deboli ed i più fragili incominciando dai bambini e dal loro dolore innocente: infatti tra le vittime della guerra essi sono le più innocenti. Si può sperare di ricostruire una società diversa ripartendo da essi, rimarginando con l’amore le ferite e compiendo coralmente, istituzioni e singoli, il dovere del soccorso fraterno. Davanti al bambino che soffre si rimane spesso spettatori feriti e muti e quasi impotenti: occorre agire coraggiosamente per evitare l’emarginazione totale di queste membra, vittime della violenza degli adulti e di una società che ha sostituito l’odio all’amore, la guerra alla convivenza pacifica e alla forza del diritto e alla persuasione del dialogo, la prepotenza delle armi.
La sua carità inizia a prendersi cura dei mutilati sia di guerra che civili per poi allargarsi a tutti i mutilati fisici e agli handicappati in genere, per accogliere infine i poliomielitici, vista la sproporzione esistente allora tra il numero dei malati, ben 250.000l, ed i centri di recupero e di rieducazione esistenti.
Le istituzioni e le opere alle quali da vita crescono a ritmo proporzionato alla scoperta del vasto mondo del dolore innocente. Nascono successivamente la "Pro-infantia mutilata” (1947) e la "Pro Iuventute" (1953) che riuniscono molteplici opere disseminate un po’ dovunque in Italia (Varese, Torino, Milano, Firenze, Parma, Salerno ecc.) la prima delle quali e l’istituto piccoli invalidi ad Arosio di Como e l’ultimo, in ordine di tempo, é il centro pilota per poliomielitici a Milano (1960).
Aborrisce l’idea di offrire loro soltanto un ricovero che li tolga dall'abbandono e dall'emarginazione nella quale versa la maggior parte, ma intende dare ad essi una comunità ed una famiglia che promuova la loro educazione nel modo più completo e assicurarsi cure adeguate e apparecchiature ortopediche che favoriscano l’autosufficienza personale ed il reinserimento nella società con un lavoro adatto alle capacità e alla preparazione professionale di ciascuno.
"Il dono degli occhi”
Dal nulla dei mezzi di fortuna - nato da famiglia assai povera, è sempre stato povero - e dal dono di se stesso, sono nate queste opere nel segno della carità di Cristo la cui presenza ha imparato a scoprire sotto ogni dolore umano. Appena prima della morte, avvenuta il 25 febbraio 1956 a cinquantaquattro anni, fa in tempo a vedere la prima copia fresca di stampa del suo ”Pedagogia del dolore innocente"; nel restituirla pare consegnare il suo testamento spirituale e a chi gli è vicino dice in dialetto: "Amis, ve racumandi la mia baracca! E dal testamento 1'ultima sorpresa del suo grande cuore: ”quando sarò morto, toglierete i miei occhi desidero servano a ridare la vista a due piccoli ciechi”.
BIBLIOGRAFIA
“Santi ci sono ancora", vol. 7 di Domenico Mondrone ed. Pro Sanctitate, Roma.
Biblictheca Sanctorum, I Appendice, voce corrispondente
Don Carlo Gnocchi, l'apostolo dei mutilatini, di J. Belski Lagazzi, Modena. |