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S. CATERINA DA GENOVA
 
 
 
Alle soglie dell’epoca moderna
 
 
 
Concittadina e contemporanea di Cristoforo Colombo, Caterina vede la luce nel 1447. Appartiene al più nobile e potente casato genovese che, insieme ad altri, si contende, in una lotta implacabile, il dominio sulla città.
L’Europa è in piena e profonda trasformazione. Dopo secoli di stabilità l’assetto culturale, economico e politico del medioevo sta lasciando il posto, sotto la spinta di avvenimenti imprevisti e sensazionali, ad un nuovo tipo di società frutto dell’incidenza congiunta di fattori diversi che investono il modo di pensare e di vivere, con conseguenze religiose, politiche ed economiche enormi. Basta pensare all'Umanesimo ed al Rinascimento che rimettono l'uomo al centro della speculazione, della vita e della storia; alla caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi (1453) con la inevitabile fine dell’Impero cristiano d’Oriente; alla scoperta dell’America (1492) e all'emergere nella società di classi come la borghesia e le categorie artigianali che lottano per fare da contrappeso politico alla nobiltà la quale invece tende sempre più ad identificarsi con lo ”Stato".
La stessa cristianità, già umiliata dal lungo esilio avignonese dei papi e dal grande scisma d'occidente, e in travaglio: assiste impotente alla perdita di prestigio morale e politico dei papi del Rinascimento, e si registra tra il popolo l’estendersi di un movimento di spiritualità che alla coerenza della fede e della vita personale unisce l’esercizio delle opere di carità verso i colpiti da sventure nel corpo e nello spirito.
La vita della giovane Caterina Fieschi è immersa in questo clima le cui conseguenze si fanno sentire nel bene e nel male nella sua vita, sulla sua famiglia e nella sua città. Genova, gelosa delle sua autonomia, cerca una sua strada vivendo tumultuosamente, tra lotte intestine, alterne fortune militari e politiche e mire espansionistiche sopratutto dei suoi mercati e della sua finanza. Le "genovine"!
Per puro calcolo politico, a 16 anni, è offerta sposa a Giuliano Adorno, di famiglia dogale, uomo bizzarro, di facili costumi, più anziano di lei di vent'anni, già padre di figli naturali. Il matrimonio si rivela un fallimento. Mentre lui si dà al gioco e alla vita libera, Caterina sta in casa a ricamare, a dipingere, a pregare e ad allevare una delle figlie di lui, Primafiore, che ama come fosse sua.
Trascorsi così i primi anni pressata dalle amiche e dai parenti che la compiangono e soprattutto ferita profondamente dall'indifferenza del marito, "che la faceva tanto patire" e "si dà alle cose del mondo idest a fare come le altre, per refrigerarsi di si dura vita". Nella dissipazione mondana pare trovare sollievo, ma poco a poco, questo lascia il posto alla delusione, al disgusto e al rimorso.
Dirà più tardi: "mi ritrovai tanti peccati, ingratitudine e noia che mi vidi senza speranza di uscirne. Venni a tal segno che io mi dilettavo del peccato et etiam me ne vantava" (dal ”Dialogo spirituale").
Sentendo di non aver forza sufficiente per rifiutare gli inviti alle feste mondane, chiede a Dio di farla ammalare. Cristo le risponde dandole "una tanto estrema contrizione del cuore" e mostrandosi "in spirito, con la croce in spalla, piovendo tutto sangue". E’il 23 marzo 1473.
 
 

Vita mistica e vita di carità

 
 
La conversione la spinge a cercarsi uno spazio interiore autonomo per pensare e per pregare. Ne scaturisce un distacco da se stessa ed un unione con Dio così profonda e stabile da essere "mistica" nel senso preciso della parola.  Riscopre la sua originale vocazione all'amore, "Dio me ha facto per amare et delectare", e la sua inclinazione alla vita contemplativa. Ottenuta, per grazia, la ”nettezza" del cuore, che "altro non é che un sentimento di tanta pace", ella dichiara a Dio: "Io non posso amare se non te", ricevendone una risposta interiore: "chi ama lui deve amare tutto quello che egli ama". Adesso sa che per dimostrare a Dio che lo ama, deve amare il prossimo. Anche la preghiera e  l'ascesi ne sono investite. Nel colloquio con Dio non può più tacere la condizione miserevole dei diseredati e la necessità di rispondervi con iniziative adeguate. Chiede luce e soprattutto coraggio per accudire alle "faccende che la natura aborriva" fino al sacrificio di sé, volendo essa mortificarsi  nel ”nettare tutte le miserie e le brutture di detti infermi e poveri". Ama il silenzio, ma non l’isolamento per cui l’esperienza mistica non la distrae dall’azione caritativa ma, dilatando a dismisura le capacità intellettuali e la sensibilità umana da, anche al corpo la capacità di sopportare fatiche sproporzionate alle forze fisiche.
Operosità e contemplazione si intrecciano e convivono giovandosi a vicenda in un solido equilibrio spirituale che le consente, mentre serve i malati, di offrire ai suoi discepoli frammenti di una "teologia genialmente semplice e terribilmente grande" (G. Siri), frutto dell’unione con Dio e di una profonda esperienza di amore all’uomo.
 
 

"Caterina degli Ospedali”
 
 
 
Volendo condividere il destino dei vinti dalla vita e dai mali, dapprima li cerca di casa in casa, seguendo le informazioni raccolte tra la gente e dalla compagnia dell"Offitio della misericordia" e poi si stabilisce definitivamente nell'ospedale.
L’ospedale "civico" di Pammatone, forse uno dei maggiori d’Europa, eretto a Genova all'inizia del XV secolo, dove insieme con i malati, trovano rifugio gli orfani, i pellegrini, i marittimi, le ragazze madri, i senza casa.
Qui affronta, con il marito convertito dal suo esempio e con i discepoli, ben cinque pestilenze, carestie, guerre, non risparmiando un sol giorno soprattutto ai "senza speranza" di guarigione.
E’ designata, con generale consenso, Rettore dell'ospedale, e svolge questo incarico pubblico, mai affidato a donna, per dieci anni con precisione e lungimiranza, impegnandosi ad amministrare, organizzare e ristrutturare l’assistenza sanitaria della città. Realizza, con il suo silenziosissimo appello fatto di opere e creando in molti la convinzione che nessuno è tanto povero da non avere qualcosa da dare agli altri, un coinvolgimento sociale senza precedenti di volontari, autorità, sacerdoti  soprattutto nei frequenti momenti di emergenza.
Come la vita, cosi la morte di Caterina é ”mistica". L’incontro definitivo di Caterina con Cristo, rivisto ogni giorno “con la croce in spalla” nella persona dei malati, si compie in ospedale "in modo soavissimo con grande pace e tranquilllità”.
 
 
BIBLIOGRAFIA
 
 
Caterina degli ospedali, di Paolo Lingua, Ed. Camunia, Milano 1986
Caterina da Genova, L’amore e il purgatorio, di Dino del Bo, Ed. All'insegna del pesce d'oro, Milano 1978
Sommersa nella fontana dell’amore - S. Caterina Fieschi Adorno, di Cassiano Carpaneto da Langasco, Ed. Marietti, Genova 1987

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