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S. FRANCESCA ROMANA
 
 

Le "vocazioni” della sua vita
 
 

Siamo nel 1384 quando Francesca vede la luce nel cuore della vecchia Roma, in rione Parione, accolta con gioia in casa Bussa dove viene educata cristianamente. Manifesta fin da bambina una spiccata inclinazione al raccoglimento, alla preghiera e alla lettura della vita dei santi.
Mentre sta maturando in lei il desiderio di consacrarsi totalmente a Dio nella verginità, il padre, secondo il costume dall'epoca, la obbliga, ancora adolescente, a contrarre matrimonio per convenienza politica con Lorenzo Ponziani, di famiglia nobile e ricca.
Nonostante la riluttanza interiore, Francesca si adatta al nuovo stato di vita e si impegna a praticare con radicalità lo spirito del Vangalo in famiglia. Diviene così sposa esemplare, madre affettuosissima, donna socialmente aperta soprattutto verso i poveri che in numero crescente bussano alla sua porta.
Sopporta con forza d’animo l’indifferenza dal figlio Battista, unico superstite dei tra figli, l’ostilità della suocera a della nuora che considerano disdicevole per il prestigio del casato la cura eccessiva cha ella dedica ai poveri.
Deve assistere per lunghissimi anni il marito infermo: dal 1409 - quando rimane ferito negli scontri armati contro Ladislao Re di Napoli che, complici alcuni romani ostili al Papa, invade la città - fino alla morte (1436).
In lei la ricerca della perfezione non é fine a se stessa, é invece finalizzata a rendersi idonea a servire il prossimo con amore crescente e con grande aderenza ai bisogni reali.
Le estasi e gli altri fenomeni mistici straordinari - è una delle più grandi mistiche del sec. XV - che si verificano con frequenza nella sua vita e che hanno come testimoni i familiari ed altre persone che la conoscono da vicino, non la sottraggono alla vita dei comuni mortali e non le tolgono il gusto dell’azione. In lei la preghiera, il silenzio, la contemplazione camminano insieme con l'esercizio delle opere di carità, con la vita di famiglia e di relazioni sociali facendone una personalità di grande equilibrio e tuttavia singolare e sconcertante. L’aspirazione alla vita religiosa, che solo negli ultimi anni, dopo la morte del marito, può realizzare pienamente, aggiunge un ulteriore elemento di novità e di fascino alla sua figura carismatica, di indiscutibile modernità.
    
 

Si fa mendicante per i poveri
 

 
Ai poveri non solo apre la sua casa con animo cordiale, ma ne condivide la condizione. Vende i suoi abiti lussuosi e i suoi gioielli, veste come una di essi e distribuisce loro le cospicue scorte di grano e di vino. Quando queste non bastano per far fronte alle necessità, si fa mendicante passando nelle case dei ricchi e per le strade a chiedere l’elemosina per i bisognosi: diventa cosi “la poverella di Trastevere”.
Dopo il primo periodo di scandalo della Roma-bene, cominciano a raccogliersi intorno a lei altre donne, nubili o vedove, dell’aristocrazia le quali, abbandonata la vita comoda e donando ricchezze e tempo, si dedicano volontariamente all’apostolato sociale organizzato.
Ciò avviene soprattutto nei periodi di emergenza creata dalle invasioni - dal 1404 al 1410 Ladislao re di Napoli per ben tre volte invade la città - dalle guerre, dalla carestia (1402) e dalle epidemie. Memorabile la peste del 1413.
La situazione sanitaria di Roma, già precaria nei tempi ordinari, diventa tragica in seguito al continuo passare di eserciti, al contagio e alle calamità che hanno ridotto la città ad un cumulo di rovine.
Francesca non esita a trasformare la sua ricca dimora in ospizio ed in ospedale. Si fa infermiera volontaria negli ospedali di S. Cecilia, di S. Spirito e soprattutto di S. Maria in Cappella, istituito dal suocero e sito nelle vicinanze di casa.
Esercita personalmente le opere di carità, preparando il cibo, lavando la biancheria, accudendo ai servizi più umili, chiamando, dietro compenso, medici e sacerdoti per la cura dei malati e allontanando nel contempo maghi e streghe, che prosperano sulle disgrazie altri approfittando della disperazione e dell’ignoranza della povera gente.
 
 

Messaggera di riconciliazione e di pace
 

 
Roma e dilaniata da fazioni e da lotte intestine tra le grandi famiglie che si contendono il predominio sulla città con omicidi, stragi, prepotenze, ritorsioni e vendette di ogni genere.
Anche la Chiesa vive uno dei periodi più tremendi della sua storia, quello delle scisma d’occidente (1378-1441).
Il papato è in crisi: sono di scena gli antipapi Gregorio XII, Benedetto XIII, Giovanni XXIII, mentre imperversa il nepotismo e gli ordini religiosi soffrono di una decadenza quasi generale. Francesca, che nutre un amore profondo per la sua città, con fine intuito politico, comprende che per ottenere il bene dei singoli bisogna ridare alla convivenza sociale ed ecclesiale i valori della pace e della giustizia, che ne ispirino i rapporti interni ed esterni, con gli altri stati.
Si fa strada in lei la convinzione di dover portare ai suoi contemporanei un messaggio che sia ad un tempo religioso e socio-politico. Si impegna così con grande coraggio a ritessere il tessuto dei rapporti lacerati dalle fazioni. Non esita a consigliare Papa Eugenio IV ad un gesto di clemenza, versa i vescovi radunati in Concilio a Basilea (1432), che eviti ulteriori spaccature in seno alla Chiesa, si fa arbitro, invocata e ascoltata, in molte contese nelle quali la sua mediazione pacificatrice ha la meglio.
La sua azione riconciliatrice, intesa a ridare attraverso l’amore la dignità perduta all’uomo e alla società, ha effetti così benefici e duraturi che il Senato della città, con immutata riconoscenza - a quasi due secoli dalla sua morte -  nel 1608 sostituirà il cognome Ponziani con l’appellativo di "Romana" e la dichiarerà patrona dell’Urbe.
 
 
Le “oblate” di Tor de' Specchi al Campidoglio
 
 
Il gruppo delle volontarie si trasforma, con l'approvazione del Papa (1425), in una comunità laicale di avanguardia i cui membri vivono a casa propria, ispirano la propria vita alla regola di S. Benedetto, intelligentemente adattata da Francesca alle esigenze del tempo, e cercano la santità nell’esercizio personale delle Opere di misericordia. Solo più tardi, nel 1433, si riuniscono sotto un unico tetto a Tor de' Specchi, ai piedi del Campidoglio, dove Francesca entra dopo la morte del marito (1436) e dove a 56 amai chiude "il vespro” della sua operosa giornata terrena.
 
 
BIBLIOGRAFIA

Le mani che guariscono la città. Storia di S. Francesca Romana, di Angelo Montonati, Ed. Paoline
Bibliotheca Sanctorum, alla voce corrispondente.

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