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S. FRANCESCA CABRINI
 
 
Una donna forte
 
 
La sua vita si svolge tra gli ultimi decenni del 1800 e la prima guerra mondiale. Nasce infatti il 15 luglio 1850, a S. Angelo Lodigiano in Lombardia, da una famiglia dedita al lavoro dei campi, numerosa (13 figli) e profondamente cristiana. Gracile di salute e piccola di statura, ma di intelligenza acuta e vivace, viene avviata agli studi ai quali si applica con profitto. Diviene maestra ed esercita, sia pure brevemente, la professione di insegnante. Conserva per tutta la vita, pur avendo poco tempo da dedicarvi, la passione allo studio e alla lettura. Mantiene l’abitudine di leggere quotidianamente i giornali per cui "era informata perfettamente di ogni problema internazionale e non le sfuggiva nulla di quanto accadeva in Italia". Dimostra fin da giovane una volontà tenace e infaticabile che non cede di fronte alle difficoltà e ai contrasti che nella sua vita non sono né pochi né piccoli, immersa come é nei problemi e nelle tensioni del suo tempo.
E così che impara ad operate in ambienti ostili ottenendo risultati sorprendenti, frutto della sua incredibile capacità realizzatrice, del suo ottimismo e del modo personalissimo e imprevedibile con cui affronta i problemi. Dice: "Io non discuto. Penso che una casa sia buona, mi metto subito all’opera". La sua esistenza eccezionalmente operosa é sorretta da motivazioni profonde, maturate a lungo nella meditazione, nella cui efficacia crede fin da fanciulla; da una forte sensibilità d’animo e dall’essere dura versa se stessa come un macigno".
Cresce in un clima familiare intrecciato di preghiera quotidiana, di lavoro assiduo, di generosità verso i poveri e di conversazioni che spesso si rifanno alla lettura serale degli Annali della propagazione della fede (periodico al quale la famiglia è abbonata) che la educano, ancora bambina, al senso della mondialità e favoriscono in lei il sorgere sempre più chiaro della chiamata alle missioni che essa identifica con la Cina. Così la sua vita, fin da giovanissima, é sempre proiettata in avanti, verso il futuro pensato e atteso come tempo d’Avvento.
 
 

Missionaria si, ma tra gli emigranti
 
 
 
L’incontro (1888) con il vescovo di Piacenza, Giovanni Battista Scalabrini, apostolo degli emigranti, la convince che "la sua Cina erano gli Stati Uniti d’America". Vi si reca per la prima volta il 31 marzo 1889 con alcune suore dell’Istituto delle Missionarie del S. Cuore da lei fondato.
La meta e New York con 3 milioni di abitanti, "la più splendida e la più sordida delle città americane". E’ impressionata dall'indifferenza che vi regna, dalle rivalità etniche, ideologiche, sociali, dalla frammentazione in gruppi contrapposti, dalle divisioni esistenti anche tra gli immigrati
dal Nord e dal Sud d’Italia, dalla presenza attiva di leghe anticattoliche e razziste e dalla mancanza di unità nell’azione pastorale della chiesa.
 
 

L’epopea degli straccioni
 
 

Così è denominato il periodo, a cavallo tra i due secoli, che vede la massima espansione dell’emigrazione italiana, che interessa milioni di persone. Basti dire che nei soli anni 1913-14 il numero degli emigranti dall’Italia e 296.000. Ciò avviene in coincidenza con lo straordinario sviluppo del sistema industriale americano.
 
Abbandonati a se stessi - anche a causa del disinteresse dello Stato italiano - gli emigranti sentono il peso dello sradicamento dalla patria, il dramma della miseria e del disprezzo: sono infatti "trattati come schiavi". Essi trovano nella Cabrini la donna che capisce la loro situazione, che se ne immedesima e li difende con efficacia. Essa li cerca ovunque, avventurandosi persino nei luoghi dove neanche la polizia si arrischia ad entrare. I malati ed i fanciulli abbandonati hanno in lei una madre: per essi moltiplica gli ospedali e le scuole, per facilitare l’inserimento dei figli degli emigranti nella società americana, educandoli al rispetto dei valori religiosi e civili e per dar loro la possibilità di uscire dalla "palude dei mestieri più pesanti e mal retribuiti". Cosi l’esodo selvaggio va lentamente verso una meta ed una patria di adozione.
 
 

"E’ troppo piccolo il mondo. . . "
                        
 

..."ed io vorrei abbracciarlo tutto e giungere dappertutto" scrive al vescovo Scalabrini. Ed aggiunge: "Bisogna muoversi, correre senza fermarsi". Mentre si dedica ad un’opera la mente ha davanti il vasto orizzonte dei bisogni cui nessuno provvede. E’ singolare che uno dei libri che più di frequente ha tra le mani sia “l’atlante geografico”, guardando il quale progetta nuove mete al suo impegno missionario. Viaggia in modo instancabile: ben 28 volte attraversa l’Atlantico, opera negli Stati Uniti: New York, New Orleans, Chicago; in Argentina (Buenos Aires); in Nicaragua,(Granada di Managua); in Brasile (S. Paolo), moltiplicando nel contempo le opere in Italia, in Francia, in Inghilterra, mentre già pensa all’Alaska, dove lavorano minatori italiani, all'Africa e alla Cina.
Apre scuole, asili, collegi, orfanotrofi, laboratori, ospedali ecc. senza trascurare l’attenzione alla pastorale parrocchiale (oratori festivi, catechismi, ecc.) e a quella missionaria: visita alle famiglie, alle miniere, alle carceri. Tutti, senza distinzione di provenienza o di religione, possono essere accolti e usufruire di questi servizi. Fa tanto ma non da sola: sa coinvolgere nelle opere di carità anche gli indifferenti ed i contrari; rispetta e valorizza nei collaboratori la loro personalità; ha stima degli altri e, nel casi più difficili, conta sui recuperi insospettati della Grazia. Quando muore improvvisamente a Chicago il 22 dicembre 1917, a sessantasette anni, tutta l'America conosce questa suora italiana che aiuta gli emigranti suoi connazionali, e non solo essi, ad essere mano poveri, meno soli, meno disperati.
 
 
BIBLIOGRAFIA
 
Francesca Cabrini. la suora che conquistò l'America, di Giuseppe Dell’Ongaro, Ed. Rusconi, Milano
"Bibliotheca Sanctcrum, alla voce corrispondente

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